Attualità Cefalù

Medico no vax reintegrata dal giudice: «Non può vaccinarsi»

Nuova sentenza di un tribunale del lavoro siciliano: «Valutare altri impieghi prima della sospensione»

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 Cefalù, Pa - E sono due: dopo la causa vinta una settimana fa dall’infermiera romana, che ha fatto da ariete nella giurisprudenza, ora è una dottoressa dell'ospedale Giglio di Cefalù ad averla vinta in tribunale, che ha condannato l’azienda sanitaria palermitana  a pagarle anche le retribuzioni maturate durante l’allontanamento dal servizio. I giudici di Termini Imerese ne hanno giudicato “illegittima” la sospensione da lavoro e stipendio a luglio perché non vaccinata, disponendo riammissione immediata in servizio e pagamento degli arretrati non retribuiti e delle spese legali.

Ne ha dato notizia la Funzione pubblica della Cgil che, pur professandosi favorevole all’obbligo vaccinale, ha impugnato il provvedimento con ricorso d'urgenza per “fare chiarezza contro un’applicazione distorta della norma”, incassando quella che considera una "sentenza pietra miliare per la sua corretta applicazione”. Per le toghe infatti, anziché essere spedita a casa, la donna avrebbe potuto essere adibita ad altri incarichi, non in contatto con i pazienti. Meno male che i sanitari vaccinati sono la maggioranza, altrimenti non troveremmo più nessuno a visitarci in pronto soccorso, ma evidentemente la professionista in questione aveva i suoi buoni motivi per non sottoporsi al siero.

Il datore di lavoro - commenta il sindacato - deve accertare che il dipendente non possa effettivamente ricevere il vaccino valutando, prima di sospenderlo, “mansioni anche inferiori a quelle di appartenenza, che non implichino rischi di diffusione del contagio, e solo nell'impossibilità documentata e certificata di adottare tale misura, provvedere alla sospensione”. Iter che, nel caso della Fondazione Giglio, non è avvenuto. Non finisce qui: "Corrispondere uno stipendio senza aver svolto alcuna mansione, a causa di un provvedimento illegittimo, costituisce danno erariale – avvisano gli avvocati difensori -. Chiederemo alla Corte dei Conti di condannare i diretti responsabili, perché gli errori dei singoli non diventino costi per la collettività".


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