di Ansa

PALERMO, 25 MAG Per un anno si è sottoposta alla
fototerapia in attesa di un donatore compatibile, poi a fine
aprile il trapianto di fegato all’Ismett e le dimissioni
dall’ospedale appena qualche settimana dopo. Ieri il nuovo
controllo, circondata dal personale medico e sanitario che è
diventato ormai una nuova famiglia. E’ la storia di Doua, la
bambina di tre anni arrivata un anno fa a Lampedusa con un
barcone, partito dalle coste della Tunisia, dopo nove ore di
traversata del Canale di Sicilia. Era insieme ai suoi genitori
che hanno affrontato il viaggio con la speranza di potere
salvare la figlia, affetta da Crigler Najjar, una patologia
ereditaria legata a un malfunzionamento metabolico, che provoca
un aumento della concentrazione di bilirubina nel sangue e che
si deposita nel sistema nervoso centrale causando danni
cerebrali irreversibili.
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“In Tunisia abbiamo provato racconta il papà Haikal Derbali
ma non c’era soluzione, il trapianto di fegato pediatrico non
è disponibile e non era disponibile neanche la fototerapia:
c’era una sola lampada in tutto l’ospedale e andava divisa tra
tutti i bambini”. Così il viaggio della speranza. A Lampedusa le
condizioni della bambina rimasta lontana dalla lampada a raggi
Uv per tre giorni sono apparse molto gravi sin da subito. I
medici hanno predisposto il trasferimento di Doua e della mamma
Sabah all’ospedale dei bambini di Palermo. E da lì il ricovero
nel centro di alta specializzazione.
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Per un anno si è sottoposta alla fototerapia in attesa di un
donatore compatibile, poi a fine aprile il trapianto. “Sono
grato all’Italia per tutto quello che ci ha dato dice il padre
questo è il Paese che può offrire sicurezza alla nostra
bambina”. “Adesso la famiglia può condurre una vita normale
spiega Jean De Ville, il direttore del dipartimento di pediatria
Curare un bambino è curare una famiglia intera: il padre può
tornare a cercare un impiego, la madre può prendersi cura anche
degli altri figli”. (ANSA).
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