Cronaca Catania

Esplosione da Cioccolato & Caffè, arrestato titolare, ha fatto tutto lui

Tradito dalla videosorveglianza

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Catania - L’esplosione avvenuta all’interno del bar Cioccolato & Caffè in viale Ruggero di Lauria, al lungomare di Catania. Era la mattina del 2 aprile scorso quando un ordigno e il successivo rogo distrussero completamente l’attività commerciale, danneggiando anche l’immobile in fase di ristrutturazione e l’impalcatura esterna. Una storia con troppi punti interrogativi ma che adesso si arricchisce di un capitolo fondamentale: l’arresto del titolare di Cioccolato & Caffè Alessandro Leone. L’inchiesta però non riguarda solo il 42enne rimasto gravemente ferito in seguito all’esplosione e che si era giustificato spiegando di essere scivolato nel tentativo di spegnere le fiamme. Insieme a lui è finito in carcere un 40enne mentre è stato disposto l’obbligo di dimora nel Comune di residenza per un 39enne accusato di favoreggiamento personale. 

L’inchiesta della Squadra mobile della polizia si è concentrata subito sull’imprenditore e sul suo ferimento. In un primo momento Leone avrebbe rifiutato le cure del personale dell’ambulanza. Poco dopo, a bordo della propria autovettura, la scelta di raggiungere l’ospedale Garibaldi-Nesima e infine il Cannizzaro. Qui è stato ricoverato in Terapia intensiva e intubato nell’ambito di un quadro clinico abbastanza complesso con ustioni sul 15per cento del corpo e dei seri problemi polmonari. Il fascicolo, aperto con l’ipotesi di incendio doloso ma in un primo momento senza indagati, si è arricchito delle acquisizioni video di alcune telecamere di sorveglianza. In questo modo gli inquirenti hanno scoperto che Leone, prima dell’esplosione al lungomare, ha comprato della benzina in un rifornimento che si trova vicino la sua abitazione e che, subito dopo, ha incontrato il 40enne con il quale si è recato al bar. Al civico 131 i due, stando alle accuse, avrebbero innescato delle molotov artigianali realizzate con delle bottigliette in vetro. 

Un progetto maldestro che causò il ferimento dell’imprenditore e del suo presunto complice. La cui presenza nei luoghi è stata accertata quando dal Pronto soccorso dell’ospedale San Marco è arrivata comunicazione di un paziente con ferite compatibili con la deflagrazione di un ordigno. Ulteriori indizi sono quelli recuperati nella macchina di Leone. All’interno gli agenti hanno trovato due imbuti, un rotolone di carta per asciugare, frammenti di guanti in lattice, lo scontrino del distributore di carburante e un detergente per tessuti. Infine il ruolo dell’inserviente 39 enne che, secondo quanto risulta a MeridioNews, avrebbe legami familiari con personaggi di spicco del clan Cappello. L’uomo, che non era presente al lungomare, sarebbe entrato in scena durante la degenza di Leone in ospedale. Forte del ruolo di addetto alle pulizie nel nosocomio avrebbe avvertito l’imprenditore riguardo la presenza di alcune microspie che erano state piazzate nella camera in cui il 42enne era ricoverato.


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