Modica - Potrebbero impedire a Carmen Consoli di usare la chitarra e di cantare. Avrebbe sempre qualcosa da dire.
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C’è la donna e la femminilità, in tutte le sue sfaccettature, nella produzione musicale di Carmen Consoli, in scena lo scorso 10 agosto all’Auditorium di Marina di Modica.
La donna gheisha, la donna accusata della colpa del commercio dei sensi, la donna bambina usata dallo zio, la donna figlia e la donna mamma, la donna figlia che guarda le foto della mamma bambina e adulta, la donna sposa, la donna abbandonata, la donna rifiutata persino dal prete in chiesa.
“Ricordo il giorno del mio matrimonio
L'abito bianco di seta ed organza
Nessuna marcia nuziale
Soltanto il mio tacito requiem
E immenso cordoglio”
C’è “un ignobile addio/inflitto a sorpresa/da chi ha giurato lealtà” nel racconto di Carmen, al secolo Carmela, come la nonna Carmelina Cardillo, c’è una donna che ha incontrato uomini Narciso, le cui parole, come burro, si sciolgono al primo tepore.
Le canzoni di Carmen Consoli hanno una gamba salda nella tradizione musicale del “malinconico” Domenico Modugno e l’altra in quella della cantante popolare siciliana Rosa Balistreri, ma il modo di cantare di Carmela è quello di una donna che si è abbeverata a una cultura musicale internazionale.
L’uomo? È padre, amante, padrone, sposo solo mancato, preso da paura e capace solo di un amore di plastica.
Ma la donna della Consoli non è vittima solo di uomini, lo è anche di altre donne, il cui pettegolezzo malevolo è “imburrato, infornato e mangiato/quale prelibatezza e meschina delizia”, “nel triste girone della maldicenza”.
Cosa resta alla donna “triste annoiata e asciutta” di Carmen?
Il senso della propria dignità e identità, della propria posizione nel mondo, nonostante tutto: le botte subite in silenzio da un miserabile (e che miserabile), nella compiaciuta ignoranza di familiari che neanche sospettano le violenze.
Come direbbe Paola Cortellesi nel suo film capolavoro, Cara Carmen, “C’è ancora domani”.
La foto di Carmen è Roberta Ficili.