Ragusa - Pubblichiamo un racconto della scrittrice Carola Carulli che venerdì 10 giugno alle ore 20,30 a Ragusa - in via Roma 150 - presenterà il suo libro "Tutto il bene, tutto il male" (edizioni Salani) al festival letterario "A tutto volume".
Quello scoglio che spuntava dalla schiuma sembrava infastidito dagli spruzzi dell’acqua. Io sono qui da molto più tempo di te – sembrava dire – ma si sa il mare non ha tempo, è qualcosa che è nato insieme al tutto e aveva l’arroganza di essere sempre stato il primo: il primo ad ingoiare la terra e a ributtarla fuori per farla rinascere isola e scoglio.
Quel giorno Maya aveva un costume colorato, uno di quelli con le conchiglie attaccate, che penzolano lungo i fianchi. I suoi, piccoli e stretti, erano quelli di una bambina che sta per esplodere in un corpo di primavera. Respirava affannata in quei 10 anni trascorsi in spiagge familiari, fatte di biglie, palloncini e palette. Le braccia bruciate dal sole e gli occhi rossi di chi nel mare li apre per vedere tutto, mentre il sale irrita le palpebre di pruriti. Una cavigliera portafortuna, i capelli attaccati sulla faccia fermati da un elastico strizzato e liso, in bilico tra una treccia e un codino troppo largo.
Mamma, voglio fare il bagno – disse – ho caldo!
Elisa abbassò gli occhi, spostò il suo cappello gigante che le copriva la faccia e sorrise. Allungò la mano sulla testa della figlia e le disse che sarebbero entrate in mare fra pochi minuti. Era intenta a leggere un libro e doveva finirlo entro due giorni, la scadenza era imminente e lei era indietro.
Mamma – disse Maya – ma che lavoro è quello di leggere i libri degli altri?
Elisa sorrise, glielo aveva spiegato tante volte ma sua figlia ancora non riusciva a capire bene che lavoro facesse davvero la madre.
Correggo i sogni degli altri Maya, le diceva sempre. Perché certi sogni sono scorretti e sbagliati – diceva.
Maya non era molto convinta, secondo lei i sogni non erano mai sbagliati, a volte facevano solo paura, soprattutto di notte. E così discutevano ore su quei sogni degli altri, che Maya non riusciva a tradurre in realtà.
-I libri sono in fondo fatti di sogni Maya, diceva la madre, solo che a volte certi sogni non li sappiamo spiegare e raccontare, ci vivono dentro da anni e non sappiamo farli uscire davvero.
E tu che fai mamma? Li aiuti ad uscire?
In un certo senso si – rispondeva Elisa – soprattutto quelli incastrati tra la pancia e il cuore. Quelli sono i più difficile figlia mia.
-E il mare mamma ce li ha i sogni?
Certo che li ha – rispondeva. Contiene tutti i sogni del mondo, li fa navigare lontano per poi riportarceli a terra quando meno ce lo aspettiamo. Il mare li aggiusta i sogni molto meglio di me.
Scoppiavano sempre a ridere e insieme inventavano i sogni che poteva avere il mare.
Secondo me-diceva Maya- il mare vorrebbe che nessuno andasse a disturbarlo. Troppa gente dentro di lui gli fa un sacco di solletico, ecco perché ogni tanto si arrabbia e alza le onde altissime.
-Hai ragione Maya, è. probabile.
Per quello in tanti anni ha inghiottito un sacco di persone, un sacco di barche e un sacco di conchiglie. Elisa guardava sua figlia, era bello che la pensasse così. In qualche modo giustificava con la sua fantasia le tante tragedie che si erano consumate in mare. I bambini hanno quella strana magia che illumina tutto, anche dove il buio si fa croce e lutto, loro sono lì a raccontarti sempre un’altra storia.
Elisa aveva partorito Maya in mezzo al mare. Una notte di agosto, davanti alla sua casa, una tempesta aveva bloccato le strade del paese, le linee telefoniche erano saltate e il suo cellulare sotto la montagna non prendeva mai. Era sola, leggeva il solito libro a lume di candela, mancava un mese al parto. Quella bambina era stata un dono inaspettato, era arrivata senza che la cercasse. Si era unita ad un ragazzo del posto, con cui aveva una storia romantica e libera.
Ogni estate si trovavano nello stesso luogo, a fare l’amore, da quando aveva 17 anni. Con lui aveva imparato il sesso, il corpo che racconta, aveva imparato gli addii e i ritorni. Elisa era orfana e aveva ereditato una minuscola casa in riva al mare, nella piccola isola dov’era cresciuta tutti la conoscevano, la chiamavano l’orfana, quella ragazzina con i boccoli neri e gli occhi a mandorla sembrava una creatura marina. Crebbe in un convento arroccato sul mare, una specie di casa-famiglia con i volontari che le insegnavano a nuotare e le suore che le imponevano le preghiere.
Quando compì 18 anni decise di lasciare l’isola, andò a vivere a Roma, dove si iscrisse all’università e diventò insegnante. Il destino però a lei aveva riservato altro. Un incontro casuale, una donna che aveva scritto la sua storia. Un’ebrea sopravvissuta al Titanic. Si piacquero subito e diventarono amiche. Lei la prese a lavorare con sé, aveva una grande casa editrice e le serviva un editor, una persona arguta e brillante che aggiustava le storie degli altri. Elisa era perfetta. Chloe’, l’anziana signora, la mise a scrivere le sue memorie strampalate e lei che sapeva aggiustare sogni, l’aiutò a mettere a punto il romanzo. Quel libro diventò un best seller.
Chloe’ era una donna sola, senza figli. La mise a lavorare per la sua casa editrice e così diventò uno degli editor più richiesti e ricercati. Lavorò con Chloe’ qualche anno e quando lei morì le lasciò in eredità quella casa in riva al mare. La stessa isola dov’era cresciuta. Una che era sopravvissuta al Titanic aveva una casa davanti al mare. Era una cosa strana per Elisa, pensava che il mare una così non lo avrebbe mai più voluto vedere, e invece era esattamente il contrario. Per Chloe’ il mare rappresentava una seconda possibilità, una seconda vita e non aveva più smesso di guardarlo fino a quando compì 98 anni e morì davanti a quelle onde che l’avevano messa in salvo già una volta.
Quella distesa blu era fatta di milioni di corpi che prima o poi avrebbe restituito, insieme ai sogni e alle miserie degli uomini e delle donne che lo avevano navigato.
Mamma – chiede Maya- cosa c’è sotto il mare?
Elisa si tolse il cappello, chiuse il suo libro e prese per mano sua figlia.
-Andiamo a scoprirlo insieme, ti va?
-Ma quando entriamo in acqua ci posso buttare dentro un po’ di sogni? O si perdono?
Certo che puoi Maya – disse – tu sei nata lì dentro, sei già un sogno, un sogno che ha preso vita.
Allora il mare non è così cattivo – disse la bambina -.
Ogni tanto sbuffa -disse Elisa - ma ci fa capire che la vita è sempre un regalo. Anche quando sembra che te la porti via. Perché’ il mare non ha tempo, non ha età, è solo vita che scorre e che continua, nonostante tutto, nonostante noi.