Cultura
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30/12/2010 01:29

Dacia Maraini: Invito al viaggio

Il tempo si dilata, le percezioni si affinano e i luoghi diventano a poco a poco narrazione

di Redazione

Dacia Maraini
Dacia Maraini

 «I viaggi a pacchetto sono comodi e facili, ma sono fatti per vedere tutti le stesse cose, non farsi troppo scombussolare e tornare a casa contenti dopo avere dormito in alberghi uguali e mangiato cose uguali. Un viaggio di conoscenza implica più fatica e rischio. Ma a volte vale la pena. Ci vuole però piu tempo e molta voglia di sperimentare». Dacia Maraini da bambina viveva in Giappone, da quel momento non si è mai fermata: , all’Est e all’Ovest, dal Giappone alla Russia, alle Americhe. Oggi è una viaggiatrice appassionata che non ha mai smesso di considerare i viaggi come parte essenziale della sua formazione personale. E ce ne parla nel suo ultimo libro, “La seduzione dell’altrove” (Rizzoli). Nessuno meglio di lei sa che quando un luogo è un luogo dell’anima entra nella scrittura con potenza. Perché quando qualcosa colpisce profondamente, poi sulle pagine si vede perché assume un potere molto evocativo.

Dacia, quanti Paesi ha visto?
«Tanti, non so contarli. Direi che in tutto il mondo sono più quelli che ho visitato che quelli che non ho visitato».
Conoscerne nuovi attraverso i libri vuol dire che il viaggio somiglia alla narrazione?
«È vero. Un viaggio è un racconto. In cui si entra, come dice Ortega Y Gasset, con trepidazione e un poco di paura, per uscirne con le pupille dilatate. È un’esperienza sia viscerale che razionale. Si viaggia coi sensi all’erta ma anche con l’intelligenza in tasca».
Che cosa le è antipatico delle gite organizzate?
«Son viaggi da centri commerciali. Si risparmia ma non si conoscono le eccellenze di un Paese, le sue anime segrete».
Ma non tutti hanno la fortuna di avere genitori con l’apertura mentale dei suoi…
«I miei genitori erano viaggiatori nati. Mia nonna, da parte di padre, era una donna che ha fatto tutta l’Asia a piedi ai primi del 900, con un coraggio inusuale all’epoca. Mio padre, Fosco Maraini, dato poi il suo mestiere di antropologo, ha sempre viaggiato, e scritto. Io continuo la tradizione, viaggiando e scrivendo».
Lei dice: viaggiando si allunga il tempo. Perché?
«È una questione di prospettiva. Se si fanno le stesse cose ogni giorno, il tempo sembra lento a passare, ma guardando all’indietro si scopre che è trascorso in un attimo. Oggi e ieri si assomigliano, sono la stessa cosa. Mentre viaggiando il tempo si riempie con tante nuove esperienze, nuovi incontri, nuove avventure e guardando all’indietro si trovano dei tesori. Ecco che il tempo si è dilatato. Cito sempre un racconto di Pirandello che si chiama “Il treno ha fischiato”. Vi si racconta di un impiegato che ha sempre fatto la stessa vita: da casa all’ufficio, dall’ufficio a casa. Un giorno alza la testa perché ha sentito fischiare un treno. Il treno aveva sempre fischiato ma lui non l’aveva mai sentito, preso com’era dalle sue abitudini. Quel giorno si rende conto che il suo passato è vuoto, ogni giorno assomiglia all’altro e insomma lui non ha vissuto che una sola giornata uguale, ripetuta all’infinito».
Quali delle tante culture con cui si è confrontata ha trovato fosse più simile alla sua?
«Le culture occidentali, europee si assomigliano pur essendo diverse. Noi pretendiamo di essere il centro del mondo. In realtà esistono tante altre culture che conosciamo poco e che sono altrettanto vive e profonde. Ora, con la globalizzazione, dovremo uscire dall’illusione di essere il centro. Forse siamo in periferia e non ce ne siamo accorti».
Nel suo lavoro c’è sempre l’osservazione della donna e delle sue condizioni di vita, cosa ha capito?
«Le donne hanno migliorato la propria condizione dopo battaglie infinite. Ma la storia è sempre pronta a tornare indietro. Mai pensare che le conquiste siano per sempre. A volte bisogna ricominciare tutto da capo. Per fortuna l’Europa, da questo punto di vista, ha delle buone radici: il Rinascimento, l’Illuminismo, la Rivoluzione francese, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, sono le ossa del nostro corpo sociale».
Come si spiega che tanta gente voglia sapere della sua vita?
«Non lo so se interessa la mia vita. Interessa credo l’esperienza del viaggio. Come l’ho affrontato io, qualche volta anche con incoscienza, ma sempre con la voglia di capire e scoprire».