I genitori erano siciliani
di Redazione

È stato grande a entrare in un mercato già colonizzato e costruire una fortuna da 4 miliardi di dollari.
È stato fantastico a sperperare tutto anche senza far uso di alcol, sigarette e droga ma solo di sesso.
È morto in Texas a 79 anni Bob Guccione, padre di Penthouse, la rivista che per contendere copie a Playboy di Hugh Hefner ha puntato su nudi più espliciti, foto meno costruite e più provocanti mischiandoli con pezzi di politica, ritratti di personaggi, interviste, Stephen King e Philip Roth, Gore Vidal e Isaac Asimov. Giovane fotografo, Guccione fonda Penthouse nel ‘65 in Inghilterra e si sposta quattro anni dopo sul mercato americano.
Muscoloso, catene d’oro su petto villoso, definito sul New York Times dal suo ex direttore «uomo di grandi contraddizioni in grado di generare profonda devozione e uguale disprezzo», fa infuriare femministe e conservatori, nell’84 offre la prima copertina alla Miss America nera Vanessa Williams, il giornale vende sei milioni di copie ma la ragazza deve rinunciare alla corona. Vent’anni dopo all’Independent dice ciò che pochi uomini dei media sarebbero disposti ad ammettere: «Seguiamo la filosofia del voyerismo».
Sposato quattro volte, impiega nel suo impero il padre e i figli e continua a mantenere il nome della sua terza moglie Kathy Keeton come presidente del magazine anche dopo la sua morte per cancro avvenuta nel 1997.
Sbalorditive più delle foto sono però le sue scelte finanziarie. Il fallimento più eclatante è l’investimento da 17,5 milioni di dollari nel 1979 per la produzione del film Caligola vietato ai minori di 18 anni con protagonista Malcom McDowell, l’Alex di Arancia meccanica e un cast con Peter O’Toole, John Gielgud e l’Helen Mirren premio Oscar 2007 per la regina Elisabetta di The Queen.
Il regista era Tinto Brass, la sceneggiatura scritta da Masolino D’Amico e Gore Vidal.
La perdita più pesante è però il Penthouse Casino che doveva sorgere ad Atlantic City: creatura mai nata per cui Guccione perse molti dei 200 milioni di dollari investiti. Grazie al mix di pessimi investimenti e feroce concorrenza di internet nell’industria porngrafica, l’impero Guccione si è dissolto, liquidate società e collezione d’arte da 150 milioni di dollari che includeva Degas, Renoir, Picasso, Dalì e Chagall, nel 2006 la parabola dell’ex giovane artista si è conclusa con il pignoramento della lussuosa casa a Manhattan, destino che ora condivide con sei milioni di famiglie americane.
© Riproduzione riservata