Giudiziaria Trapani

Arrestati i complici di Messina Denaro, Emanuele e la moglie Lorena

Emanuele Bonafede e la moglie Lorena Ninfa Lanceri: «Lei era molto legata al boss»

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/16-03-2023/arrestati-i-complici-di-messina-denaro-emanuele-e-la-moglie-lorena-500.jpg Arrestati i complici di Messina Denaro, Emanuele e la moglie Lorena


Trapani - Arrestati i vivandieri di Matteo Messina Denaro. A casa loro il boss, allora il ricercato numero uno in Italia, avrebbe pranzato e cenato per mesi. Con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena sono finiti in cella Emanuele Bonafede, nipote del capomafia Leonardo Bonafede, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri. L’arresto, eseguito dai carabinieri del Ros, aggiunge un prezioso tassello alla ricostruzione dell’ultimo periodo della latitanza del padrino di Castelvetrano. 

La coppia, secondo gli inquirenti, avrebbe ospitato Messina Denaro nella sua casa di Campobello di Mazara «in via continuativa e per numerosi giorni». Il boss si presentava nell’appartamento dei coniugi, nel centro del paese, puntualmente a pranzo e a cena e trascorreva ore in loro compagnia, entrando e uscendo indisturbato. Bonafede e la moglie controllavano con attenzione la strada, si assicuravano che nessuno potesse notare i movimenti dell’ospite che lasciava l’abitazione solo dopo il loro via libera. Un vero e proprio servizio di vigilanza ripreso dalle telecamere di sorveglianza di diversi negozi vicini alla palazzina della coppia, scoperte dagli investigatori.

Il gip che ne ha disposto l’arresto, accogliendo la richiesta del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e dei pm Piero Padova e Gianluca De Leo, contesta ai due indagati l’aver garantito al capomafia una «prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza».

Lorena Lanceri, inoltre, sarebbe stata molto legata a Messina Denaro tanto da gestirne le comunicazioni con una serie di persone a lui particolarmente care. Un ruolo che nella rete dei complici svolgeva solo chi godeva della assoluta fiducia del padrino. Con l’arresto dei coniugi di Campobello salgono a sei i fiancheggiatori di Messina Denaro finiti in carcere. Stessa sorte della coppia hanno avuto Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità al capomafia per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche e di acquistare l’auto e la casa di Campobello, Giovanni Luppino, l’autista che ha accompagnato il boss alla clinica Maddalena il giorno del blitz che ha posto fine alla sua trentennale latitanza. E ancora il fratello di Emanuele Bonafede, Andrea, omonimo del geometra, accusato di aver fatto avere a Messina Denaro centinaia di ricette sanitarie e Alfonso Tumbarello, il medico che avrebbe curato per due anni il padrino durante la latitanza intestando farmaci e prescrizioni al suo alias, pur sapendo chi fosse realmente il paziente. Un lungo elenco di collusioni e coperture che gli inquirenti stanno piano piano svelando.


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