Lettere in redazione Scoglitti

Allo Scoglio di Papandrea i getti d'acqua nebulizzati come a Sampieri

Riceviamo e volentieri pubblichiamo



Vittoria - Gentile redazione di Ragusanews,
scrivo in riferimento alle lettere a voi indirizzate sui soffioni vaporiferi a Sampieri. Concordo pienamente con la precisazione che trattasi di getti d'acqua nebulizzati (che richiamano alla mente i geyser), causati dall'energica spinta dell'acqua attraverso le fenditure della scogliera che, da sotto il livello del mare si aprono sulla superficie della roccia. Lo stesso fenomeno poteva essere ammirato a Scoglitti sullo "scoglio di Papandrea", quando il mare era mosso e quando Scoglitti poteva ancora mostrare la sua naturale caratteristica bellezza (alternanza di spiagge sabbiose e scogli) prima del suo totale insabbiamento causato dal prolungamento del molo del porto. Ricordo, verso la metà degli anni '70, di aver visto fuoriuscire da uno di questi fori della scogliera (piuttosto distante dal mare) un polipo insieme al getto d'acqua. Mi permise di giocarci per un breve tempo e poi riprese il mare percorrendo a ritroso la stessa via. 

Poiché negli anni '70-'80 non esisteva la disponibilità dei telefonini con videocamera e le macchine fotografiche venivano utilizzate abitualmente per riprendere soggetti in un particolare contesto, non è facile trovare foto esclusivamente panoramiche.

La foto panoramica in oggetto l'ho estratta da "Vittoria in vetrina - a spasso nel tempo" e ritrae il litorale della Riviera Lanterna, mostrando in fondo anche lo "Scoglio di Papandrea" (il più lungo), un grande scoglio, largo e piatto, in cui si potevano ammirare i tipici getti d'acqua nebulizzata, quando il mare era mosso.

Invio anche una foto (dal web) dell'attuale Riviera, che ha perso la sua originaria e naturale caratteristica a causa dell'insabbiamento, uno spiaggione come tanti, nel quale poter costruire lidi balneari, ma senza alcun fascino, né storia, né romanticismo. Solo una distesa amorfa di sabbia, lontana da qualunque ricordo del passato, che ha sepolto i luoghi della vita di intere generazioni, che oggi i nostri figli non possono nemmeno immaginare siano esistiti, se non scoprendoli attraverso le testimonianze delle vecchie fotografie.

Cordialmente,
Daniele Aprile


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