Ragusa - Ieri, mercoledì 23 dicembre, è andata in onda in prima serata su Canale 5 la nuova serie tv in quattro puntate dei “Fratelli Caputo”, con protagonisti Nino Frassica e Cesare Bocci, il Mimì Augello di Montalbano. Come la fiction tratta dai libri di Andrea Camilleri, anche questa è ambientata in un paese immaginario della Sicilia, Roccatella. Solo che a differenza del commissario di Vigata - le cui avventure sono state girate coerentemente sull’Isola, tra Ragusa e Porto Empedocle - questa è stata registrata tutta in Puglia, tra Nardò, Ostuni, Lecce e Brindisi. Terre meravigliose per carità, non è tuttavia che le nostre siano da meno. Non solo l’ambientazione e il dialetto parlato, ma anche buona parte del cast è siciliano: oltre al messinese Frassica, Aurora Quattrocchi e Francesco Guzzo sono palermitani, Daniele Pilli e Andrea Vitalba catanesi, Giancarlo Commare è di Castelvetrano. Perché allora la società di produzione “Ciao Ragazzi” di Claudia Mori non l’ha girata in Sicilia? Perché luoghi favolosi ma di un’altra regione - come le marine di Santa Maria al Bagno, Santa Caterina e Sant’Isidoro - devono passare per siciliani all’occhio del grande pubblico? Che differenza avrebbe fatto collocare la trama direttamente a Nardò, ai fini dello sviluppo narrativo delle vicende di due fratelli dai caratteri opposti?
Invece no, si vuole sfruttare il fascino isolano dei nostri luoghi (e mal celatamente il successo di Montalbano), ma i soldi e gli investimenti si portano in Puglia. Esulta naturalmente l’assessore allo Sviluppo Economico e al Turismo di Nardò, Giulia Puglia (fa proprio così proprio di cognome): “Emozionante rivedere sul piccolo schermo la nostra piazza, i nostri luoghi. Ed è straordinario perché, solo per fare un esempio, nel corso delle riprese la stessa produzione aveva calcolato una spesa in città di oltre 250mila euro. Le location hanno colpito i responsabili della produzione”, che evidentemente non si erano mai spostati da Milano e vedevano il Salento per la prima volta, “e noi ci abbiamo messo disponibilità e accoglienza, dai titolari delle attività a quelli delle strutture ricettive”. “Nardò – aggiunge il collega alla Cultura, Ettore Tollemeto – è un anello dell’ingranaggio di quella Puglia che negli ultimi 15 anni ha deciso di raccontarsi al mondo”, passando però per altri luoghi del Paese, “con le proprie radici e la propria identità” aggiunge. Ma ne è sicuro? Neanche nella precedente “Cops” si è mai nominato Nardò. “Il cinema può fare miracoli, perché aiuta moltissimo a mostrare il territorio, le sue caratteristiche uniche. Abbiamo un mare bellissimo, un centro storico stupendo, una buona tavola e tradizioni straordinarie - afferma, come se ne avesse l’esclusiva in Italia - ma se la fiction ci aiuta anche a far vedere tutto questo, stiamo cogliendo il risultato della valorizzazione”, che sta rapidamente riducendo il Salento alla Rimini del Sud. L’augurio, sincero, ai salentini di trarre i meritati benefici dalla serie tv, perché è un territorio magnifico che se lo merita. Alla produzione, invece, l’invito ad essere più coerenti, nella scenografia e nella fotografia, con la storia che s’intende vendere ai telespettatori.