Cultura
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03/08/2021 00:33

Nanni Moretti ricorda Fellini e parla di suo padre

Ancora una volta una iniziativa culturale di alto livello a opera del Nuovo Cine Teatro Aurora di Modica

di Giuseppe Savà

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Nanni Moretti a Marina di Modica
Nanni Moretti a Marina di Modica

Modica – C’era qualcosa di edipico nel racconto di Nanni Moretti, sabato sera a Marina di Modica. Ospite, per la seconda volta in un anno e mezzo, del Cine Teatro Aurora di Modica, qui nella sua versione estiva e marinara, Moretti ha recitato il suo monologo su Caro Diario, film culto del 1993, raccontato dallo stesso regista lungo un’ora e cinque minuti di spettacolo teatrale.
Moretti solo sul palco, con una bottiglia d’acqua, un bicchiere e un occhio di bue.
Nanni legge il diario di quei mesi che portarono alla nascita del film, lo fa in realtà ricordando a memoria date e passi di quell’anno di grazia che gli regalò un tono, di realismo magico, che gli permise -in tre episodi- di fare l’affresco di una Italia impazzita, dove i genitori sono in continuo senso di colpa per il destino dei figli, i medici sono la classe che -più dei politici- incarna il potere (Moretti predittivo de La mafia è bianca?), mentre tocca al Concerto di Colonia di Keith Jarrett raccontare il lutto del Paese per la morte di Piepaolo Pasolini.
Edipico, si diceva. Sì, perché la vetta del racconto morettiano è senza dubbio la descrizione della camera ardente nello studio 5 di Cinecittà, che accoglie la bara di Federico Fellini, piccola, troppo piccola, fisicamente, per Federico. Un senso di angoscia e di claustrofobia segna il ricordo della fila, la voglia di stare in coda e non scavalcare nessuno in ragione della propria notorietà, il bisogno di non sentirsi solo nel pianto.
C’è in fondo un senso paradossale di benessere quando nel lutto si scopre di avere accanto tanti sconosciuti che provano la stessa emozione di dolore.
Fellini padre? Sì, in parte, tanto quanto lo è stato Pasolini. Moretti condivide con Fellini l’esigenza di avere un alter ego attoriale, ed entrambi vi rinunciano progressivamente, fino, per Nanni, a mettere in scena se’ stesso.
Ma questa parte del racconto del 1993 di Nanni Moretti, già noto a chi aveva visto lo spettacolo nel 2020, è stata preceduta da una prefazione in cui il regista ha offerto al pubblico alcune note di regia prima di calarsi nel monologo.
Qui Moretti ha parlato di suo padre epigrafista, Luigi, morto nel 1991 e costretto dal figlio a interpretare i ruoli più improbabili nei suoi film. Mentre il ruolo della madre di Moretti nella sua cinematografia è centrale (basti pensare alla scena iniziale di Aprile, dove Agata Apicella fuma una canna insieme al figlio davanti al Tg di Emilio Fede trionfante per la vittoria di Berlusconi, fino al film del 2015 Mia Madre), la presenza del padre di Nanni non è ufficialmente accreditata nei suoi film, per quanto significativa. Luigi Moretti recita infatti in Io sono un autarchico (1976), Ecce bombo (1978), Sogni d’oro (1981), Bianca (1984), La messa è finita (1985), Palombella rossa (1989).
Fin quando resta in vita, Luigi Moretti sarà chiamato dal figlio a interpretare i ruoli più diversi, da “non attore”, che per ragioni di affetto entra nel film.
In fondo, il tema del “chi è padre?” solca tutta la poetica della filmografia morettiana fino all’acme di Habemus Papam, dove il padre per antonomasia, il Papa, rinuncia al soglio di Pietro, abdicando alla chiamata. Chi è Padre per Moretti?
È Dio, il padre per eccellenza, il grande assente. E questo pone un problema di identità e di smarrimento in chi è figlio, che Nanni cerca di risolvere con la psicanalisi. Ma questo è un altro film.