Ragusa - Se la moratoria alle ricerche petrolifere, in scadenza febbraio, non sarà prorogata, saranno 54 permessi finalizzati alla ricerca di idrocarburi che avranno il via libera in tutta Italia. Nell’elenco, a cui il ministero dello Sviluppo Economico darà il via libera, in assenza di altri provvedimenti, ci sono anche aree marine siciliane, a poche decine di chilometri da paradisi come le isole di Pantelleria e Favignana, nell’arcipelago delle Egadi, con un impatto inevitabile sulla fauna e la flora marine di un angolo di pianeta che ci invidiano in tutto il mondo. Progetti simili riguardano anche la terra ferma, come si vede cliccando sulla mappa ArcGIS - DGS-UNMIG - Istanze per il conferimento di nuovi permessi di ricerca e istanze per il conferimento di nuove concessioni di coltivazione. Zoomando col mouse scopriamo che, solo nella provincia di Ragusa, sono 5 le domande di ricerca o coltivazione (dove cioè si è già bucato) che scalpitano ai nastri di partenza. Di cui tre in mano all’Eni Mediterranea Idrocarburi: “Cinquevie”, che interessa un’area di 71 km2 tra Modica e il capoluogo; “Contrada Giardinello”, oltre 380 km2 tra Ragusa, S. Croce Camerina, Vittoria, Comiso, Acate, Chiaromonte Gulfi, Caltagirone e Mazzarrone; e il “Piano Lupo”, altri 62 km2 tra Acate, Caltagirone, Gela e Mazzarrone.
Gli altri due sono: il giacimento “Bonincontro” della compagnia spagnola Petrex, 32 km2 tra Acate e Vittoria; e l’impianto “Case La Rocca” della società concessionaria Irminio, per altri 80 km2 di territorio ragusano. Finora neanche l’ombra di un piano del Ministero dello sviluppo economico per regolare e monitorare questa raffica di scavi ed estrazioni in partenza che daranno pure lavoro alla manodopera locale, arricchendo le tasche delle multinazionali, ma rischiano anche di trasformare e deturpare per sempre specchi d’acqua e zone di verde incontaminate, come già accaduto in Basilicata: hai voglia poi a risarcire il territorio piantando campi di lavanda! Mentre l’Europa chiede di ridurre le emissioni di Co2 del 55% entro il 2030, lo Stato italiano supporta con 18 miliardi di euro l’anno le estrazione fossili altamente inquinanti , anziché virare sulle fonti energetiche alternative. E l’inquinamento costa ogni anno al nostro Paese oltre 54mila decessi e 47 miliardi di costi sanitari e sociali.