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E' morto Giorgio Napolitano

E' stato il primo Presidente della Repubblica ex comunista e il primo a essere rieletto nella carica

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Roma - E' stato il primo Presidente della Repubblica ex comunista e il primo a essere rieletto nella carica. E' morto alle 19,45 nella clinica privata Salvator Mundi al Gianicolo il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. 

Aveva 98 anni. È stato il primo presidente della Repubblica eletto due volte, nel 2006 e poi nel 2013 per due anni. In Parlamento dal 1953, era uno degli ultimi dirigenti della vecchia guardia ancora in vita del Partito comunista, insieme ad Achille Occhetto e Aldo Tortorella. Una vita a sinistra. Da tempo malato.  

È stato tra i pochi a svolgere un ruolo di rilievo sia nella Prima che nella Seconda Repubblica. Negli anni Ottanta, dopo la morte di Giorgio Amendola, era diventato il capo dei miglioristi nel Pci, la corrente dei riformisti del partito. Riformismo, nella sinistra di allora, era ritenuta quasi una malaparola. I miglioristi - Napolitano, Macaluso, Iotti, Lama, Chiaromonte, Bufalini - erano quelli che dialogavano con il Psi, con l'odiato Craxi. Era stato Pietro Ingrao a coniare il termine, a cui poi il filosofo Salvatore Veca diede questa definizione: "È utopico pensare a modelli di società diversi, miglioriamo piuttosto quella che abbiamo". Era un leader nato. Di aristocratica modernità. Tra i pochi a parlare l'inglese. Ma pur sempre il capo di una minoranza a cui si guardava con sospetto, e specialmente tra i fedelissimi di Enrico Berlinguer e i giovani seguaci dell'utopismo di Ingrao. Michele Serra su Tango, l'inserto satirico dell'Unità, rappresentò bene questo sentimento dominante: "È gradito agli intellettuali moderati, alla Nato, a Veca, al Psi, agli imprenditori liberal, a Scalfari: se piacesse anche ai comunisti sarebbe segretario da un pezzo". 

"Ci accusavano di voler migliorare le condizioni di vita dei lavoratori senza avere un progetto socialista", raccontò una volta Emanuele Macaluso. Fu proprio questa alterità a impedire a Napolitano di divenire il segretario del Pci, nel 1972. Ci andò vicino, perché era uno dei delfini dell'allora capo, Luigi Longo. Ma scelsero Berlinguer, considerato "un figlio del partito", e non uno che, sono parole di Macaluso, "non era visto come sangue puro del Pci". 

Per diventare comunista, nella Napoli convulsa del 1944, Napolitano ruppe col padre, avvocato liberale. Fu una rottura doppia. Ideologica, ma anche umana. All'incomprensione per la scelta politica si sommava la delusione per la mancata scelta di seguirne le orme nella professione. I Napolitano facevano le vacanze a Capri. Qui conobbe Curzio Malaparte, che gli regalò una copia di Kaputt, con la seguente dedica: "A Giorgio, che non perde la pazienza neanche dinanzi all'Apocalisse". 

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Il Napolitano signore, il ragazzo di via Chiaia che frequentava Raffaele La Capria, Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi, Antonio Ghirelli, quindi sceglie il partito che vuole riscattare la classe operaia e che predica la rivoluzione, ma stando ben dentro il sistema democratico-parlamentare. "Napolitano - chiosò Edmondo Berselli - è la sintesi migliore dell'impossibilità del Pci di essere normale". "La storia di Napolitano - raccontò Massimo Cacciari - è la storia di ragioni non riconosciute, di obiezioni incomprese, di lotte mai vittoriose, un comunista amendoliano, ligio al dovere del buon comunista: niente avanguardismi, assoluta Realpolitik, sull'Unione sovietica critiche durissime in privato ma nessuna forzatura in pubblico. Right or wrong my party".

Dal Governo al Quirinale
Nel 1992 diventa presidente della Camera. Nel 1996, primo governo Prodi, è il primo ministro dell'Interno ex comunista, sancendo la fine di una discriminante quarantennale. Nel 2006 è il primo ex comunista al Quirinale. Romano Prodi aveva appena sconfitto per la seconda volta Silvio Berlusconi.

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 Incarna la figura di un presidente consapevole della propria identità politica: interviene, corregge, vigila, striglia. Il suo ultimo intervento parlamentare risale al 23 marzo 2018, quando, da decano di palazzo Madama, presiede la seduta inaugurale della diciottesima legislatura. "Insieme cauto e coraggioso, prudente e determinato", così lo descrisse Miriam Mafai su Repubblica. "Apparentemente freddo, distaccato, è invece uomo di tenaci passioni e profondi convincimenti. Ignora la demagogia". È stato un galantuomo che ha attraversato con innegabile stile repubblicano 70 anni della vita pubblica del Paese.


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