Ragusa - Le miniere d'asfalto sono costituite da una particolare pietra che, se riscaldata oltre a esalare un particolare profumo diventa malleabile per tornare dura appena scesa la temperatura. Una pietra di un calcare tenero impregnato di bitume, ovvero petrolio. La prima richiesta d'uso delle miniere fu fatta da tre svizzeri che chiesero ai Borboni la liberatoria per lavorare le miniere, dopo imprenditori di diverse nazionalità manifestarono interesse per estrarre l'idrocarburo e per bitumare le strade.
Fino ai primi anni '80 dell'800, si riversarono alla periferia Sud della città di Ragusa almeno quattro grosse aziende industriali interessate tutte all'estrazione (e qualcuna anche alla distillazione) della roccia asfaltica, tutte aziende straniere: le inglesi "Val de Travers", "Limmer United Limited" e "Henry and Benjamin Aveline", e la francese "Compagnie Nationale pour l'exploitation des Asphalte Naturelle". Un bacino minerario asfaltifero molto vasto, che in origine si estendeva da contrada Tabuna, a Nord, presso la periferia di Ragusa e più a Sud presso le contrade Streppenosa e Castelluccio. Un’intera area mineraria sfruttata, in modo industriale, sin dalla metà del XVIII secolo da parte di società italiane, svizzere, tedesche e inglesi. Tra gli ultimi trenta anni dell'800 e i primi venti del '900 le citate compagnie (Limmer e Val de Travers si fusero ai primi del secolo) impiegarono migliaia e migliaia di lavoratori (picconieri, minatori, ragazzini che in altre miniere siciliane si chiamavano "carusi", carrettieri e sorveglianti) per estrarre da cave e miniere centinaia di migliaia di tonnellate della roccia scura, parte della quale veniva frantumata per essere trasportata a Mazzarelli - in carretto - ed essere imbarcata prima sui barconi e poi sui piroscafi alla fonda e destinata alla Gran Bretagna, Francia, Germania e al resto d'Europa. La parte rimanente era lavorata sul posto per estrarne l'idrocarburo. Una citazione documentata sul piano storico ricorda che la prima strada al mondo ad essere asfaltata come oggi vediamo tutte le strade del mondo, fu la Rue Bergere di Parigi. Era stata asfaltata con pietra e bitume proveniente dalle miniere di Ragusa della Compagnie Nationale pour l'exploitation des Asphalte Naturelle.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale i possedimenti dei tedeschi vennero requisiti per essere dati in concessione alla azienda italiana che piu' di ogni altra ha segnato la storia dell'asfalto ragusano, cioe' della pietra pece: la A.B.Co.D., acronimo per Asfalti Bitumi Combustibili liquidi e Derivati. Una lavorazione industriale a ciclo chiuso, che garantiva ottimi ricavi e soprattutto il lavoro a migliaia di ragusani tra il diretto e l'indotto. L'ABCD continuò a lavorare, anche se molto a rilento, anche durante la seconda guerra e fino al 1968, quando arrivarono i manager dell'ENI garantirono gli stessi livelli occupazionali e gli stessi investimenti, ma solo per circa un decennio, scegliendo poi di non lavorare più la pietra pece. Si chiudeva un'epoca. Dell'asfalto e della pietra pece si occupano ormai solo la Ancione e qualche artigiano stimolato da illuminati architetti che non solo nei lavori di restauro, ma anche nel nuovo, utilizzano la pietra pece.