Roma - Il no assodato di FdI e la mina vagante M5S non impensieriscono il sì alla fiducia al governo firmato Mario Draghi. La frangia grillina ribelle, capitanata da Barbare Lezzi, dopo aver governato con Lega e Pd ora considera l’esecutivo del professore un “suicidio". Qualche distinguo sottotraccia pure nella compagine sovranista salviniana, ricompattata all’ultimo dopo le bordate delle ultime ore su sci e Cts. Indecisioni e titubanze, dall’altra parte della barricata, anche tra le fila di Sinistra Italiana e LeU, nonostante la riconferma di Speranza alla Salute. In tutto i no saranno al massimo una quarantina, a dare l’ok al Draghi I ci sono tutti gli altri.
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La giornata è destinata dunque a filare liscia e senza sorprese, dal discorso programmatico della mattina fino alla “chiama” dei senatori a ora di cena, quando dopo la sequela di dichiarazioni d’intenti finalmente voteranno. Fisco, giustizia civile, Pa e ambiente i campi da riformare strutturalmente, grazie a un nuovo Recovery plan: il premier bisserà l’esposizione del suo piano giovedì mattina alla Camera. Incassato il via libera delle due aule, il governo dell'ex presidente della Bce sarà pienamente operativo e già nel tardo pomeriggio di venerdì potrebbe tenersi il primo Consiglio dei ministri della sua era.