Palermo - ASud'Europa, settimanale del Centro Pio La Torre, dedica l'ultimo numero dell'anno a Fabrizio De Andrè. Si tratta di una lunga intervista a Filippo Mariotti che per venticinque anni ha lavorato per il cantante genovese come fattore della tenuta dell'Agnata, in Sardegna. Tra gli argomenti trattati c'è il successo, l'ansia da palcoscenico, il dramma del rapimento, la dimensione familiare, il rapporto con la natura e con la gente comune. "Uno spaccato di vita quotidiana del grande artista - si legge in una nota - da cui emerge la grande umanità e semplicità di un uomo di successo che ha saputo mantenere la sua umiltà".
Eccone il testo:
Una chiacchierata così, al sole no, andiamo dove vuoi tu, ma non al sole, dice Filippo, il fattore dell’Agnata, il più
grande amico degli ultimi venticinque anni di Fabrizio De André.
Di che cosa dobbiamo parlare? A raccontare tutto, a seguire, a raccogliere la memoria, c’è da fare un film. E non sempre ti puoi ricordare tutto, venticinque anni con Fabrizio sono una vita.
Ci siamo molto divertiti insieme, Fabrizio e io. Ci siamo molto amati. Lui mi chiamava Fili, io lo chiamavo Fabri. Eravamo due fratelli senza peccato, ecco. Ci siamo conosciuti bene, Fabri ed io, in tutti gli aspetti. Siamo stati amici per la pelle.
Fabrizio e io ci siamo conosciuti negli anni Settanta, ci siamo trovati a Tempio nei bar, ci siamo conosciuti così. Io avevo un trattore, ero indipendente, lavoravo quando mi chiamavano, ma mi ero stufato, e non ce la facevo più. Ho chiesto a Fabrizio se conosceva qualcuno per farmi avere un posticino alla forestale. Perché vuoi entrare proprio nella forestale? mi ha chiesto Fabrizio, perché non vieni con me a lavorare, Filippo?
Da allora sono più di venticinque anni che lavoro qui all’Agnata, con Fabrizio.
Fabrizio mi ha insegnato tantissimo, tanto per cominciare mi ha insegnato a parlare, io non sono mai andato a scuola. Qualcosa sì, gli ho insegnato anch’io ma Fabrizio mi ha insegnato tutto.
L’Agnata
L’Agnata era una casa mezza diroccata, circondata dai rovi. Non era così, è diventata così con il lavoro che ho fatto io. Fabrizio ha messo i soldi, ogni tanto qualcosa faceva anche lui. Appena restaurata la casa, Fabrizio è venuto qui ad abitarci con Dori.
Effettivamente l’ho fatta io l’Agnata. Tutti i lavori agricoli li ho fatti io. La piscina no, quella è stata fatta nel ‘98. Appena fatta, Fabrizio è partito da qui per curarsi a Milano, la piscina era stata riempita, ma Fabrizio non è più tornato.
La casa è stata restaurata dentro per renderla abitabile, le quattro
camere c’erano già ma andavano restaurate. Qui c’era solo un generatore di corrente che si metteva in moto la sera per la luce.
L’allacciamento alla luce è arrivato quando Fabrizio e Dori si sono sposati.
A Fabrizio piaceva stare così, un po’ allo stato ‘primitivo’. Usciva di notte, si faceva la sua passeggiata. Prima del sequestro usciva e se ne andava in giro da solo, dopo il sequestro no, ha smesso.
Fabrizio stava qui all’Agnata sette, otto mesi l’anno. Non ci veniva per due o tre mesi quando era in tournee. Io andavo ai suoi concerti, quando li faceva in Sardegna. Fabrizio era ed è amatissimo in tutta la Sardegna, lui lo sapeva.
Quando i genitori di Fabrizio, avevano venduto la casa di Revigliano d’Asti, dove Fabri aveva passato la sua infanzia, e dove lo chiamavano Bicio e giocava con la Nina, lui non era contento.
Da piccolo, non voleva tornare a Genova, voleva rimanere in campagna.
Da grande gli era rimasto il sogno di ricomprare la casa di Revigliano o un’altra casa in campagna. Diceva: ho sempre desiderato avere i soldi per comprare un’azienda agricola. Ed ecco l’Agnata. Comprarla non gli è costato molto, ma gli è costato tantissimo mettere tutto a posto. Ha fatto il bosco, la casa, il giardino, …questo gli è costato. Quando Fabrizio ha comprato l’Agnata c’era solo un fico, un mandorlo, un leccio e una quercia da frutta, da ghiande. E’ una quercia giovane, non dà sughero.
Qui sai com’era? Era tutto pieno di rovi. Qui io ho portato duecento carrelli di terra, a braccia.
La fontana l’ho fatta io, con Fabrizio. Lui continuava ad insistere per farla e a un certo punto l’abbiamo fatta. A Fabrizio piaceva tanto perché sentiva lo scroscio dell’acqua dalla sua stanza.
Tutte quelle piante dietro casa le abbiamo messe noi. Sai come si chiama quella? Piedis, e poi ci sono i rododendri che fioriscono in primavera, e le nandini con le bacche rosse, la betulla nuova che abbiamo messo dopo che l’altra si era seccata e l’olivastro.
Fabrizio decideva dove metterle come se lui fosse madre natura, e invece era padre Fabrizio. Quello è un cespuglio con tre piante insieme. Le piante sono al centro, tutto il resto è ginepro strisciante.
Fabrizio voleva che le piante fossero messe in modo preciso. Laggiù ci sono diverse piante di melo, le ha comprate Fabrizio nel ’78, questo è un ciliegio che non ha mai dato frutti. Ha soli fiori maschi, fiorisce ma non dà frutti. Madre natura, e cioè padre Fabrizio e zio Filippo, hanno fatto un bel lavoro. Qui sotto ci sono le tubature, tutte interrate e ho fatto tutto io, a mano. Tutto con le mie mani. E’ una bella soddisfazione. Ci sono voluti degli anni però adesso è tutto a posto, ci sono gli irrigatori automatici che innaffiano le piante nell’ora prestabilita.
Qui intorno è pieno di cinghiali che però all’Agnata non entrano.
L’agrifoglio l’ho messo quando Fabrizio era sequestrato. L’ho spostato tre volte, la prima qua, la seconda davanti alla veranda, la terza al posto della prima perché non sempre a Fabrizio piaceva dove io piantavo le piante. Magari me lo diceva dopo un mese:Fili, lì non mi piace, cambiamo. E io, ogni volta, a scavare, fare i buchi, mettere di nuovo le piante.
Fabrizio studiava le piante, sapeva tutto di loro, e se non sapeva qualcosa, si informava.
Fabrizio diceva sempre che l’Agnata gli costava tanto, non gli rendeva niente ma lo faceva contento e questo gli bastava.
Quando ha cominciato a parlare dell’agriturismo, non ero contento io. Gli ho detto: “Fabri, con l’agriturismo non si guadagna niente, al massimo vai alla pari con le spese. Che bisogno c’è di fare l’agriturismo, poi non sei più libero di fare quello che vuoi, di andartene in giro, di stare tranquillo. Sai quanta gente verrà qui solo
per te, con l’agriturismo?
Fabrizio non mi ha ascoltato. E quando veniva qui, per colpa dell’agriturismo, Fabrizio stava in camera sua, notte e giorno chiuso
in camera. Non era una bella vita. Non aveva più la sua libertà.
Non poteva uscire a fare due passi perché gli andavano tutti addosso. A chi arriva qui, piace curiosare. E curiosando, molte volte si rischia di diventare fastidiosi. L’Agnata è un posto da godere fino in fondo, ma con l’agriturismo non è più stato così.
Il sequestro
Fabrizio non se lo sarebbe mai immaginato il sequestro, mai. Non aveva la paura di essere sequestrato, non aveva paura di niente. Qui all’Agnata, la casa era sempre aperta.
Fabrizio, di notte, addirittura innaffiava il prato. Io aprivo l’acqua e poi Fabrizio andava a chiuderla verso mezzanotte, da solo, tranquillo.
Fabrizio è stato rapito con Dori la sera del 29 agosto del ‘79, festa di san Bachisio, santo protettore di Tempio Pausania.
Tanto è vero che Fabrizio, quando ha visto davanti a sé due uomini incappucciati, pensavo fosse uno scherzo per la festa.
E Dori gli ha dovuto dire: no, Fabrizio, non è uno scherzo. Sono entrati dalla porta, che era aperta. In casa c’erano solo Fabrizio e Dori. Prima hanno preso Dori, che stava lavando i piatti giù in cucina, l’hanno bendata e le hanno detto di stare zitta. Poi sono saliti nella stanza di Fabrizio, che era steso sul letto a leggere e a fumare. Questo è un sequestro, hanno detto, e Fabrizio: ma non mi fate finire neanche la sigaretta? No, non gliel’hanno fatta finire. Hanno bendato anche Fabrizio, li hanno incappucciati, hanno tagliato le federe dei cuscini per legarli, hanno preso il fucile da caccia di Fabrizio e li hanno portati via.
Erano le dieci di sera.
Il Supramonte è vicino a Nuoro, ma non li hanno portati al Supramonte, anche se i giornali hanno parlato solo del Supramonte, che è una zona difficile da circoscrivere.
La prigione di Fabrizio e Dori era al massimo a quaranta chilometri dall’Agnata, vicino a Oschiri, fra Pattada e Buttusò. Il Supramonte non c’entra niente.
Fabrizio e Dori sono stati tenuti all’aperto, incappucciati, legati
ad un albero. Hanno sempre dormito all’aperto. Quando pioveva, gli mettevano una tenda sopra, oppure li trasferivano in
una grotta. Hanno cominciato a far conoscenza coi loro rapitori,
hanno fatto amicizia, hanno anche cucinato, mi ha detto Fabrizio, sì l’hanno fatto anche cucinare in quei lunghi mesi. Viene d’istinto, ci parli, raccontava Fabrizio. Diceva anche che uno dei suoi rapitori si era scusato con lui perché il suo cantante preferito era Guccini. ‘E perché non avete rapito Guccini? Gli aveva chiesto Fabrizio. I rapitori avevano chiesto a Dori di cantare per loro ma Dori non aveva voluto. I rapitori dicevano: noi siamo costretti a fare questo, e si occupavano di Fabrizio e Dori.
Era da tanti anni, diceva Fabrizio, che nessuno si occupava così di me.
Fabrizio li capiva, diceva che era nella logica dei sardi, che subivano l’invasione della loro terra. Come gli indiani d’America.
E subito dopo la sua liberazione, ha fatto L’Indiano.
Quando hanno rapito Fabrizio e Dori, i soliti sciacalli hanno cominciato a far girare brutte voci, che forse li avevano uccisi, che si trovavano in quel posto, in quell’altro. Non era vero, e io lo sapevo.