Avete presente quel capolavoro intitolato Death Note? Tutto il mondo ha perso la testa per questa storia pazzesca, un mix fra thriller psicologico e poliziesco. Tutti hanno amato l’affascinante psicopatico Light Yagami e il suo concetto deviato di bene. Tutti hanno pianto quando L muore, ucciso a tradimento da Rem. Tutti hanno apprezzato i dilemmi morali, i travagli psicologici e la grande partita mentale giocata fra lo studente modello assassino Light-Kira e il detective geniale e disadattato L. Una superba opera, scritta da Tsugumi Oba nel 2003, arrivata in Italia nel 2006, poteva salvarsi dall’ennesimo film brutto che vuole “ispirarsi” all’opera originaria? Ovviamente no.
Ed è così che è nato quel capolavoro dell’orrido e dello sconcerto intitolato “Death Note-il film” prodotto da Netflix. E questa è la cosa che più ci fa stare male. Netflix, tu che hai dato all’umanità tante cose belle, come ti è venuto in mente di affidare una storia simile a un regista cane, ad un montatore cane, ad un direttore della fotografia cane pure lui? E a un cast di attori che non sa recitare e che fanno le faccine brutte? Pensavamo di essere ormai al riparo dopo gli offensivi e indescrivibili “Dragon Ball Evolution” e “First of the north star-Ken il Guerriero”. Ma almeno quei film avevano il privilegio di rasentare il trash. Death Note il film non è neanche trash. E’ un orrore senza fine, una tortura per lo spettatore lunga 90 minuti, in cui lo spirito originario dell’opera viene distrutto senza pietà.
Già nel 2006 in Giappone era stato prodotto un live-action fedelissimo al manga: nonostante una buona dose di trash dovuta a giapponesi in parrucca che tentano di imitare le pettinature degli anime, era comunque bello e piacevole. Ma questo orrore del 2017, diretto da un certo Adam Wingard, non è brutto solo per chi conosce la storia di Death Note, ma anche per chi non ha idea di che cosa sia quell’opera superba. Questo film ha avuto il merito di mettere d’accordo tutti: fan e non fan di Death Note, persino quelli che non hanno mai sentito parlare di questo anime/manga lo hanno considerato orrendo.
L’unica cosa che si salva è Ryuk, il dio della morte (shinigami) con la voce di Willem Dafoe che è stato ridisegnato in computer grafica seguendo le fattezze dell’attore. Ed essendo il personaggio meglio riuscito, rimane sempre in penombra e non si vede quasi mai, mentre ampio spazio viene dato a Light Turner e a Mia Sutton, oltre ad un L diventato un ninja nero.
Qualcuno potrebbe dire: ma il film è ambientato in America e quindi ci sta l’occidentalizzazione dei personaggi. Infatti noi non contestiamo i nomi occidentalizzati (Light Turner invece di Yagami, Mia Sutton invece di Misa Amane ed L nero). Contestiamo, invece, il fatto che il film tradisca palesemente lo spirito originario dell’opera ma che si dichiari essere ispirato a Death Note.
In questo film Light non è lo studente modello che ha un’utopia: diventare il dio di un nuovo mondo uccidendo grazie al Death Note tutti i malvagi. Il Light originario è uno studente perfetto, bello, da dieci e lode, corteggiato da tutte le ragazze, con una famiglia perfetta e che nonostante tutto si sente insoddisfatto. Nel film Light Turner è uno sfigato con le mesches che spaccia compiti per guadagnare qualche soldo, con la madre morta e il padre poliziotto incapace, vive in un quartiere vicino alla metropolitana e viene spesso bullizzato. Il vero protagonista del film è Mia Sutton: è lei la vera Kira, una psicopatica che si innamora di Light solo perché ha il quaderno e a un certo punto la cosa le prende troppo la mano e vorrebbe ammazzare tutti.
Ma cosa c’entra tutto questo con la storia originaria? Nulla. Nel film, inoltre, il quaderno ha delle regole assurde, che nulla avevano a che vedere con l’originale Death Note. C’è anche la possibilità di non morire, ma lasciamo perdere. L nero, invece, tutto sommato conserva una parvenza di originalità: pur essendo uscito dal ghetto ha quella posa da bradipo morto quando si siede, mangia caramelle e ha una sua capacità di pensiero. Diciamo che dopo Ryuk è il personaggio migliore. In questo film sono presenti tutti, ma proprio tutti, gli stereotipi dei film americani: è ambientato in una scuola con le cheerleaders, ci sono i bulli lobotomizzati che picchiano senza un motivo, gli insegnanti più attenti alla forma che non alla sostanza, il ragazzo represso che vuole vendicare la madre morta a causa di un’ingiustizia.
Capito? Light vuole uccidere non perché ha un concetto di bene malato, ma per vendetta. Poi, ovviamente, sul finale abbiamo il ballo scolastico, l’immancabile ballo scolastico, con Light e Mia che fanno selfie con le faccine ridicole (pietà) e un inseguimento assurdo con le auto della polizia, perché se non c’è azione non può esistere film americano. Poteva mancare la ruota panoramica? Ovviamente no. Il film finisce con Light in coma (perché lui è buono e quindi si salva), Mia che cade dalla ruota panoramica ( perché lei è cattiva e quindi merita di morire) ed L nero che trova una pagina del quaderno: scriverà il nome di Light? Muore? Vive? Non lo sappiamo. Ma chi se ne importa, nel frattempo siamo tutti morti dentro.