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Allevi a Sanremo, umanità e commozione

Sanremo, Allevi commuove il pubblico dell'Ariston parlando della sua malattia

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/08-02-2024/allevi-a-sanremo-umanita-e-commozione-500.jpg Allevi a Sanremo, umanità e commozione


Sanremo - «All’improvviso mi è crollato tutto». Inizia così il monologo di Giovanni Allevi, tornato sul palco dell’Ariston del Festival di Sanremo dopo quasi due anni lontano dalle scene per via della malattia.

«Nell’ultimo concerto a Vienna il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi: pesantissima. Ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo. Ho perso molto, il mio lavoro, i miei capelli, le mie certezze. Ma non la speranza e la voglia di immaginare», racconta il musicista visibilmente emozionato.

«Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni. Quali? Vi faccio un esempio – continua -. Non molto tempo fa durante un concerto in un teatro pieno ho notato una poltrona vuota. Mi sono sentito mancare. Eppure quando ero agli inizi ho fatto concerti davanti a 20 o 30 persone ed ero felicissimo. Oggi dopo la malattia non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone», sottolinea Allevi, confidando inoltre – nel suo lungo intervento sul palco prima di tornare a suonare – che «i numeri non contano – dice -. Sembra paradossale detto da qui, perché ogni individuo è unico, irripetibile, nel suo modo infinito. Un altro dono: la gratitudine nei confronti della bellezza del creato. Non si contano le albe e i tramonti visti da quelle stanze d’ospedale. Il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto e se ci sono le nuvolette intorno è ancora più bello».

E poi ancora una altro dono, ovvero «la gratitudine e la riconoscenza per il lavoro dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlarne. Per il sostengo che ricevo dalla mia famiglia. L’affetto, la forza e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. Un altro dono – conclude -: quando tutto crolla il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più: io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo», afferma Allevi prima di mettersi al pianoforte e suonare per il pubblico in sala e i telespettatori il brano Tomorrow. «Non potendo contare più sul mio corpo, suonerò con la mia anima», conclude.


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