Avola - Il boss era una donna. Sette arresti ad Avola.
Sgominata la piazza di spaccio di via Miramare con l’operazione ribattezzata “Mater familias”. A condurre il blitz sono stati gli agenti del commissariato di Avola che portano a casa un altro brillante risultato dopo Gemini in collaborazione con la Squadra Mobile e del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica di Siracusa, nonché del Reparto Prevenzione Crimine Sicilia Orientale Catania, e con l’ausilio delle Unità Cinofile Antidroga della Guardia di Finanza.
Nella notte scorsa, 50 poliziotti hanno dato esecuzione all’ordinanza emessa dal Gip che dispone la custodia cautelare in carcere di 7 persone (di cui un minorenne), il collocamento in comunità di una minore e la misura del divieto di dimora nel comune di Avola nei confronti di un altro soggetto. Contestualmente, sono state eseguite perquisizioni che hanno avuto esito positivo consentendo di rinvenire, presso l’abitazione degli indagati principali, 1.890,00 euro in contanti di piccolo taglio, 3 bilancini di precisone, 699 grammi di hashish suddivisa in panetti e 24 grammi suddivisi in dosi, oltre a 10,80 grammi di marjuana, 20,47 grammi di cocaina e 2 proiettili rispettivamente cal. 12 e 38.
Come disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari, gli arrestati sono stati condotti presso le competenti case circondariali provinciali ed extra provinciali. Nel corso dell’esecuzione delle misure cautelari è stato arrestato e condotto in carcere anche il marito della “Mater Familias” alla luce dell’ingente quantitativo di stupefacente rivenuto e per aver violato con molteplici condotte le prescrizioni imposte dalla misura di sicurezza a cui era già sottoposto. Sono tutti indagati per “produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope”, accusa aggravata dall’avere, in concorso tra loro, organizzato relativa attività di approvvigionamento, suddivisione in dosi e spaccio di cocaina, hashish e marjuana.
Una donna di 34 anni al vertice dell'organizzazione malavitosa
Al vertice dell’organizzazione, secondo gli investigatori, c’era una donna di 34 anni che si serviva del contributo degli altri familiari che si occupavano della cessione al minuto dello stupefacente, dalle prime ore del mattino fino a notte inoltrata.
Nel corso delle indagini, sono state riscontrate più di 180 cessioni giornaliere con conseguenti ingenti profitti economici. La donna – per l’accusa – è la “Mater Familias” (dal latino, madre di famiglia) che curava interamente l’organizzazione e la gestione di tutta l’attività, garantendo il perfetto funzionamento dell’impresa familiare. In prima persona si sarebbe occupata delle cessioni, del trasporto, dell’occultamento e del rifornimento dello stupefacente.
Nel clan anche i figli minorenni della boss
Nel gruppo anche i suoi figli minorenni che ricevevano le forniture dello stupefacente, occupandosi anche dell’occultamento e del trasporto. Per eludere i controlli, la donna contava sulla loro giovane età e sullo status di incensurati. Il figlio più grande si sarebbe adoperato anche nel reperimento di un’arma comune da sparo che deteneva, con l’assenso della madre, all’interno della propria abitazione. Nella scala gerarchica ricostruita dalle indagini, alle spalle della donna c’era il genero che l’avrebbe sostituita nelle occasioni in cui era assente. Ma ogni operazione – spiegano gli investigatori – doveva essere sempre preventivamente autorizzata dalla donna. Le cessioni di droga agli assuntori avvenivano presso il domicilio della famiglia, tramite un sistema stile “take away”.
I “clienti” parcheggiavano l’auto in una piccola via retrostante l’abitazione e avvicinandosi ad una persiana semichiusa, effettuavano “l’ordine” introducendo la somma di denaro in una fessura per poi ricevere, immediatamente dopo, quanto desiderato. La complessa attività imprenditoriale era organizzata in modo tale da poter fronteggiare anche eventuali “rischi di impresa” come i sequestri di droga da parte delle forze dell’ordine. Il gruppo aveva la capacità di approvvigionarsi di partite di droga a credito, al fine di compensare le perdite economiche subite con i sequestri e ripianare eventuali passivi. Il sistema criminale era supportato da alcuni corrieri, messi a disposizione del fornitore.