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Pietro di Lorenzo: alcune domande

Chi fu Pietro Di Lorenzo? Un personaggio leggendario? Un ebreo convertito? Un pirata? O semplicemente un geniale mercante?

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/04-12-2023/pietro-di-lorenzo-alcune-domande-500.jpg Pietro di Lorenzo: alcune domande


Scicli - In un giorno di metà luglio inoltrato dell’anno del Signore 1567, dopo un viaggio di ritorno da Monreale, città nella quale aveva comprato una casa per sottrarsi al clima caldo umido e afoso della Capitale, scompariva a Palermo Pietro Di Lorenzo uno dei più grandi sciclitani che la storia locale ricordi.

Chi fu Pietro Di Lorenzo?

Un personaggio leggendario? Un ebreo convertito? Un pirata? O semplicemente un geniale mercante?

Di sicuro Pietro accumulò tanta di quella fortuna da diventare uno dei più ricchi finanzieri del Regno di Sicilia.

Il suo ultimo testamento “solenne” valido, rogato dal notaio di origine sciclitana Giuseppe Di Rosa il 2 luglio 1565, destinava tutti i suoi beni alla Confraternita di Santa Maria la Nova di Scicli, vincolandoli con una serie di controlli incrociati da far eseguire da esponenti della confraternita di san Bartolomeo sempre della città di Scicli.

Nell’ultimo periodo della sua permanenza a Palermo, Pietro viveva in un’ampia dimora nel cuore della città, in via Lattarini.

Due anni dopo aver dettato il testamento Pietro moriva.

Il suo corpo, come disposto nelle sue ultime volontà, fu posto a essiccare per qualche anno nei colatoi della chiesa di Santa Maria degli Angeli, più popolarmente conosciuta sotto il nome de “La Gancia”, in vista di un trasferimento nella sua città natale, Scicli, e relativa sepoltura all’interno della chiesa di Santa Maria la Nova.

Presto fiorirono numerose leggende sull’uomo e sulle sue ricchezze. La fantasia popolare si sbrigliò inventando storie su storie, ovviamente tutte false.

Di lui oggi si sa tutto. Ieri non si sapeva nulla. Conosciamo la sua vita giorno per giorno perché scandita da centinaia e centinaia di atti notarili.

Pietro, infatti, era nato a Scicli intorno al 1500 da Margherita Falla e da Paolo di Lorenzo detto “lo grandi” sicuramente per la sua età avanzata alla nascita del bambino. Un matrimonio di copertura, secondo una personale ma abbastanza fondata intuizione.

Sin da giovane, era sostanzialmente un abilissimo mediatore: trattava con pisani, genovesi, lombardi, veneziani. Pochi gli affari con i suoi concittadini per i quali spesso doveva prestare le dovute garanzie.

Dalla prima giovinezza alla maturità, Pietro visse a Sciacca più che a Scicli e sul finire degli anni Quaranta del Cinquecento trasferì il grosso del giro commerciale da Sciacca a Palermo, lasciando a Sciacca dei procuratori.

Disponeva di vasta servitù, di schiavi che rispettava e dai quali era molto amato. Era anche un uomo colto che sapeva di latino e di legge.

Agiva anche da agente di cambio anticipando somme cospicue per far fronte a negoziazioni di grosse partite di grano su Messina, città che detestava ma dove spesso i viceré e la Corte risiedevano.

Fu amministratore della Bolla della Santa Crociata e per ciò “forista” di quel tribunale.

Il celebre scultore palermitano Civiletti lo raffigura correttamente con la crocetta della Santa Crociata al collo nel monumento commissionato dall’Opera Pia Pietro Di Lorenzo Busacca alla fine dell’Ottocento, oggi situato al centro di piazza Carmine a Scicli. Ciò esclude categoricamente le sue origini ebree o che fosse lui stesso un converso.

Pietro non praticò mai pirateria o altra azione illecita per accumulare denaro. Fu di una dirittura morale esemplare. A un suo schiavo, condannato per dei reati comuni, procurò di fargli scontare la pena come vogatore in una trireme di Carlo d’Aragona, duca di Terranova, salvandolo così da morte certa. Fu, con molta probabilità, un terziario francescano. Da qui la grande dimestichezza con i conventi francescani di Palermo di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli. Nel suo testamento lascerà un congruo legato per costruire il coro della chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Convisse per tutta la vita con una forma di epilessia che lo faceva guardare con sospetto e timore in un periodo in cui gli epilettici erano spesso additati come pubblici peccatori. Questo giustifica la destinazione di un importante legato a favore dell’Ospedale degli incurabili di Palermo.

La potentissima famiglia Bonincontro, di Scicli trapiantata nella Capitale, lo accolse e, con molta probabilità, di essa faceva parte.

Nel suo ultimo testamento Biagio Bonincontro, uno dei tre giudici della Gran Corte di Palermo, nominava il figlio naturale Pietro, ormai adulto, destinatario di un sostanzioso vitalizio.

Il testamento di Pietro in pratica ricalca quello di Biagio che muore nel 1550, data in cui Pietro è definitivamente operativo a Palermo.

Alla morte di Pietro si scatenò una lunga lite giudiziaria tra i Minori Osservanti della Chiesa della Gancia di Palermo, quasi tutti frati originari di Scicli provenienti dal convento di Santa Maria della Croce, e la Confraternita di Santa Maria La Nova, sua erede universale.

Motivo del contendere: l’eredità.

I Minori Osservanti rivendicavano una parte di essa impugnando il testamento del 1565 e presentando un testamento falso.

La grande abilità di un autentico principe del foro quale fu Marc’Antonio Giluso, sciclitano e grande avvocato della Magna Curia della Contea di Modica, riuscì a dimostrare l’infondatezza di tale pretesa e a salvare l’eredità alla Confraternita che la gestì subito male. Il viceré Conte d’Olivares avocò a sé l’amministrazione del lascito a Palermo alla fine del Cinquecento.

La lite civile con i Minori Osservanti fu la vera responsabile della mancata consegna del corpo del povero Pietro alla Confraternita.

Dopo ripetuti dinieghi ricevuti dai confrati sciclitani, il corpo non fu più rivendicato e, com’era normale, trasportato in una delle fosse comuni che ancora sono presenti nel recinto del convento di Santa Maria degli Angeli di Palermo e là dimenticato. Trattandosi di un laico, la fossa comune era quella dei terziari francescani oggi ricadente nel perimetro del convento della Gancia, confiscato dopo il 1860 alla Chiesa e oggi destinato ad Archivio di Stato.

Io lo ritrovo là, il nostro Pietro. Non potrebbe essere in un altro posto.

Restano a testimonianza della sua vita le opere che, con ciò che rimase della sua immensa fortuna, furono realizzate a Scicli: il palazzo signorile che porta il suo nome, l’assetto viario moderno della città, il grande ospedale a padiglioni.

I legati di maritaggio da lui istituiti per testamento, inseguendo una vera moda del momento, contribuirono non poco allo sviluppo della società sciclitana.

Resta, in ultimo, da chiarire, il perché di quel soprannome “Busacca”, che soprattutto nell’Ottocento ha sostituito il suo vero nome e col quale oggi è popolarmente noto.

Pietro in tutti i contratti è sempre chiamato dai notai col suo vero cognome “Di Lorenzo”. Mai compare quell’ “alias” che lo qualificherebbe come ebreo.

A Scicli esistevano diversi “Pietro Di Lorenzo” suoi contemporanei, cugini. Ognuno aveva un alias distintivo con cui era indicato nel rogito notarile.

Di lui non si conosce alcun alias distintivo.

Solo nel Seicento, a circa cinquant’anni dalla sua morte, quell’alias compare.

L’unica spiegazione possibile è che qualcuno ha voluto per astio personale bollare la sua fortuna come frutto dell’usura. Centinaia e centinaia di contratti smentiscono tuttavia questa illazione e lo studio e l’analisi dei documenti provano la trasparenza dei suoi affari.

Ad ogni modo, ha importanza farsi tante domande per poi cercare delle risposte?

Se ne dobbiamo dare per forza una, Pietro fu davvero un autentico geniale mercante del suo tempo.

Ma forse la figura di un avventuriero cattura in un modo definitivo e appagante la curiosità di chi chiede a quell’uomo di pietra altre verità che non sono quelle date già e solennemente conclamate dalla Storia.

CREDITI

Pellegrino F., Pietro Di Lorenzo, L’uomo, il genio, il mercante, The Dead Artists Society, Scicli 2021.

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