Lettere in redazione Racconto

Racconto. Il prelievo. Notte prima degli esami

Una nostra lettrice e la paura del prelievo

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/25-06-2023/racconto-il-prelievo-notte-prima-degli-esami-500.jpg Racconto. Il prelievo. Notte prima degli esami


“Perché lei, grazie a Dio, non ha mai avuto problemi seri”

Così mi ha risposto indignata l’infermiera sentendo il mio miagolio: “ho ….. paura”. Devo fare il prelievo del sangue (ta ta ta taaan).

Ebbene sì, credo proprio si chiami paura, anzi terrore, la sensazione avvertita già a tredici anni, al mio primo prelievo del sangue (ta ta ta taaan). Ho pianto le mie più calde lacrime, come una fontana, e ne hanno avuta di pazienza gli operatori che tentavano di convincermi che:  “nenti ti fa, è na pungiutedda!!” (non ti fa niente è una punturina) Era il mio ultimo anno in Sicilia.

Il mio terrore risale, quindi, a quasi sessant’anni fa. Da allora succede sempre la stessa cosa quando devo sottopormi a dei controlli che prevedono il prelievo del sangue (ta ta ta taaan).

Il rituale tragicomico comincia quando la medica di base mi consegna l’impegnativa sanitaria. La prima cosa che faccio è contare quante righe scritte contiene la ricetta. Questa volta sudo freddo perché le ricette sono due e le righe scritte raddoppiano. “Mi dissangueranno”. Penso: “Ma è proprio necessario sottopormi a questa tortura?” Sono pentita di essermi fatta convincere che era giunta l’ora di darmi una controllata

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l’età avanza

e i prelievi aumentano di frequenza

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Vabbè, pazienza 

Del sangue farò senza (ta ta ta taaan) 

E vabbè, pazienza. Con il magone che mi stringe la gola porto a casa la ricetta e, con l’ansia che mi farà compagnia fino al giorno del prelievo del sangue (ta ta ta taaan), stacco il calendario dal muro e commento a voce bassa: “Domani no, è troppo presto. Fammi abituare all’idea” – “giovedì? No, giovedì c’è il mercato, chissà che casino. Se poi sto male do spettacolo ad un pubblico più vasto” – “dai, facciamo la prossima settimana, ma non lunedì, non voglio cominciare la settimana con l’umore pessimo; settimana iniziata male, settimana che ti va male” è un proverbio che ho coniato per le occasioni speciali. Sospiro: “Ok, vada per martedì” .

“Sicchè” mi sgrido da sola “preferisco trascorrere una settimana insonne, con l’ansia del prelievo, per non andare subito e togliermi il pensiero?”. Tantè!!! Mi do una pacca sulla spalla e metto una croce sul calendario che, però, cancello subito: “no, la croce porta sfiga” metto un punto interrogativo. Significa che lascio al caso la scelta se andare o non andare al patibolo. Col punto interrogativo non sento pressante l’impegno assunto con me stessa e con la mia medica; la porta rimane  aperta alla possibilità di cambiare idea. Chissà come mi sveglierò la mattina del prelievo del sangue ( ta ta ta taaan )?? Punto interrogativo, appunto!!!

Da questo momento il pensiero del prelievo del sangue (ta ta ta taaan) non mi abbandonerà un solo istante fino a  “La sera prima degli esami” – alla maturità ero meno agitata. “Con la cena meglio se sto leggera, non si sa mai, potrebbero alterarsi i risultati”. Dopo avere guardato trasmissioni non impegnative – ovviamente bisogna distrarsi – vado a letto consapevole che trascorrerò l’ultima notte insonne, finalmente. Alle h 4’30 sono già sveglia, avrò dormito due ore. “Come faccio a tirare fino alle 9.30 (ora dell’appuntamento) senza mangiare nulla – mi girerà la testa e non riuscirò ad arrivare a piedi fin laggiù”. 

Mi toccherà svegliare il marito e chiedergli se mi accompagna in macchina. D’altronde, sicuramente si è alzata la pressione, ho proprio bisosogno che mi accompagni. “Oddio, devo pure prendere le pillole della pressione; a stomaco vuoto mi faranno certamente crollare i millibar  e collasserò. No, non ce la farò, dovrà accompagnarmi, per forza”. 

C’è sempre il punto interrogativo sul calendario. L’idea che, se non mi va, posso non andare mi rasserena leggermente “Potrò pur sempre rimandare, no?”. Penso però con tristezza che dopo dovrei fare i conti col senso di colpa per essermi comportata da vigliacca e con mio marito che racconterà tutto a mia figlia e, insieme, mi sberlefferanno per tutta la vita.

“Stai calma, calma” mi dico cercando di ragionare. “Non è  mai morto nessuno di prelievo”. Cerco di stare a letto il più possibile per evitare di consumare energie preziose. Mio marito sente che mi agito, apre un occhio e brontola “siamo alle solite, piantala”. Come riesce lui a tranquillizzaaaaarmi non ci riesce nessuno.

Alla fine mi alzo e preparo la borsa che deve contenere il mio kit di sopravvivenza: cellulare nel caso dovessi chiamare soccorsi; mandorle tostate per recupero forze post prelievo; una bustina di zucchero nel caso dovessi svenire (per fortuna non è mai successo)

Esco prestissimo e senza marito; non voglio dargli la soddisfazione della mia disfatta. Mi avvio lemme lemme, come una condannata a morte, verso il laboratorio analisi dove arrivo con un anticipo di mezz’ora che mi viene prontamente e sdegnosamente segnalato dalla impiegata dell’accettazione. Mi invita a sedermi nella sala d’attesa. La mia salivazione è ora azzerata e la tachicardia sta degenerando in parossismo. “Lo so potrò morire sotto i ferri”. Ovviamente mi riferisco all’ago della siringa che mi pare sia di ferro, o sbaglio? Ma chissenefrega del metallo dell’ago, tanto rimango secca prima del prelievo del sangue ( ta ta ta taan ). 

“Ecco” sussurro “ora devo fare la pipì, il bagno è occupato e questo non esce” ….. Arriva il mio turno.

“Perché lei, grazie a Dio, non ha mai avuto problemi seri” mi risponde, dunque,  l’infermiera quando le paleso il mio disagio.

“Che ne sai tu, VECCHIA BABBIONA, di come ho SOFFERTO io durante tutta la scorsa settimana”. Così, agitatissima, avrei voluto apostrofarla e invece in un ultimo scampolo di dignità sono stata zitta, ho chiuso gli occhi e, sfinita, ho steso il braccio: “Addio mondo crudele”.

Signora può andare. “Già fatto?” esclamo con la faccia da c**o finalmente sveglia dall’incubo. 

Esco mi siedo, non si sa mai. Mando giù lo zucchero e, visto che non ho più né tachicardia né salivazione azzerata, mi avvio verso l’uscita, ritrovo il mio centro di gravità permanente e riprendo il colorito dei tempi migliori

-       Ciao Figlia che ci fai da queste parti? 

-       Sapevo che dovevi fare le analisi del sangue e ti sono venuta incontro per vedere se sei sopravvissuta al trauma

-        Ma che sciocca che sei, sto benissimo, ormai mi sono abituata al prelievo del sangue (ta ta ta taan ) e non ci faccio neanche più caso. Non sono mica una bambina, ma dai!!

Lei mi guarda, sciorina una eloquente smorfia e sorride sarcastica. Mi conosce bene.

“Hai già fatto colazione?” le chiedo. “Andiamo al bar che oggi offro io. Che sole, che luce. È proprio una bella giornata”. 


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