Cronaca Ragusa

Tamponato e multato. L’avventura di un ciclista amatoriale

Lungo la litoranea

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Ragusa - Mio fratello maggiore, quasi settantenne, è appassionato di ciclismo e ancora in grado di correre ottanta chilometri in una uscita con gli amici. Dal resto del gruppo, compreso suo figlio, è ritenuto un pezzo d’antiquariato, e non perché anziano e non più forte (anzi, molti quarantenni mangiano la sua polvere, anche in salita) quanto per il fatto che rispetta tutte le regole, a cominciare da quella di correre in fila indiana e il più a destra possibile sulla carreggiata. Ed infatti lui corre sempre sulla linea bianca (dove esiste).

Qualche giorno fa si trovava con una dozzina di suoi amici su una provinciale della zona litoranea. Si andava a trenta orari in pianura. Mio fratello era l’ultimo della fila e per una serie di problemi al cambio era stato distanziato di duecento metri dal resto del peloton. Come sempre sulla linea bianca, a un certo punto si ritrova in aria, letteralmente. E poi rovinosamente sull’asfalto. Fianco escoriato, come le braccia e le mani, un ginocchio aperto ed uno stinco malridotto. I compagni di uscita sentono solo un botto. Si girano e trovano mio fratello stirato sul bitume, la bici accartocciata e un confusissimo signore che aveva bloccato la sua automobile a pochi metri dallo sfortunato atleta. L’automobilista dichiara candidamente di avere coscientemente deciso di tamponare mio fratello per evitare lo scontro con un’altra vettura che sorpassava la sua.
A parte la voglia di prendere a schiaffi l’idiota, il gruppo ha subito capito che mio fratello non avesse ossa rotte, perché, seppure a fatica fosse in grado di camminare.
Nel frattempo alcuni di loro avevano chiamato i vigili urbani del comune ibleo di competenza territoriale. Effettivamente una pattuglia di caschi bianchi arriva sul posto, in una decina di minuti. Costatati i fatti, i vigili dichiarano: “non è nostra competenza”.
Naturale la sorpresa del gruppo, compreso l’automobilista sempre più confuso. Ma la fortuna è dalla loro parte, perché proprio in quel momento passa, del tutto casualmente, un’automobile della “Polizia Stradale”. Gli agenti si fermano e sentita la versione dei fatti, del resto univoca, dichiarano: “non è nostra competenza”.
Quando i ciclisti, compreso il dolorante mio fratello, si convincono di star vivendo un incubo o quantomeno una candid camera, sono gli stessi poliziotti che suggeriscono di fare intervenire la Polizia Provinciale. Quando una pattuglia dell’efficiente corpo della ormai ex Provincia Regionale arriva sul posto, accade qualcosa che nemmeno un regista smaliziato avrebbe potuto inserire nella più assurda delle commedie dell’assurdo: i militi dichiarano di essere effettivamente competenti in materia, e costati i danni fisici e meccanici (rispettivamente a mio fratello e alla sua bicicletta, una di quelle da cinquemila euro) fanno notare che nella bici da corsa non erano presenti, come invece prevede la legge, gli obbligatori catarifrangenti e, per sopramercato, mio fratello non aveva con sé i documenti d’identità. Pur scusandosi signorilmente, gli agenti della Polizia Provinciale si vedono costretti a elevare una bella multa a mio fratello.

E’ la legge.

Quando ho chiesto al mio congiunto e a un paio di suoi amici presenti all’episodio come i militi hanno potuto contravvenzionare un signore privo di documenti, mi è stato riso in faccia: “lo abbiamo fatto notare anche noi, e ci è stato detto che nel caso si fossero forniti dati fasulli, ad una verifica sarebbe stata elevata una multa ancora maggiore in uno al reato di false dichiarazioni, che non è proprio uno scherzo, anzi”.

Durante le cinque ore di pronto soccorso, necessarie a stabilire che per fortuna si trattava solo di escoriazioni e di contusioni, mio fratello ha molto meditato: sul cretino che preferisce uccidere un uomo anziché rovinare la carrozzeria dell’auto, sulle forze dell’ordine, sulla vita e sulle bocce.


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