Cultura Ragusa

L'estate fredda di Gianrico

Mamma netina, ricordi biografici



Ragusa - Estate 1992, uno spartiacque nella storia della Sicilia e dell’Italia intera. Tra maggio e luglio è ambientato l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, “L’estate fredda”, presentato martedì al Centro Studi Feliciano Rossitto che ha visto i suoi quattrocento posti insufficienti ad accogliere il pubblico vastissimo e molto vario con cui l’autore, introdotto da Marisa Simonelli e da Carmelo Arezzo, si è da subito dimostrato disponibile. Tra ricordi autobiografici, come a quella Noto in cui nacque la madre scrittrice, e alla sua carriera da magistrato, l’incontro (organizzato da Ass. Genius, Libreria Flaccavento, Centro studi F. Rossitto e Centro servizi culturali) ha subito preso ritmo e intensità notevoli. Carofiglio è stato magistrato, poi parlamentare nelle fila del PD, infine scrittore a tempo pieno e ha spiegato lui stesso l’evoluzione: una volta terminata l’esperienza politica si è reso conto che il lavoro di scrittore, che fino ad allora aveva occupato solo il tempo libero, era ormai divenuto prioritario e, visto che quello da magistrato secondario non può certo essere, ha preferito lasciarlo, per coerenza e rispetto di quanto fatto fino a quel momento. Non sarebbe infatti stato etico dedicarsi all’attività di magistrato come secondo lavoro e d’altro canto proprio quella presa di posizione che gli era stata richiesta in Parlamento ora si scontrava con la neutralità che ogni magistrato dovrebbe mostrare.

Si sono quindi intrecciati i riferimenti al suo passato con l’attualità italiana e coi fili del romanzo che, pur essendo assolutamente di fantasia, non può che arricchirsi di spunti biografici e professionali, a partire dal luogo in cui è ambientato, quella Bari in cui Carofiglio è stato sostituto procuratore antimafia, e dalla vicenda che dà vita alla storia: il figlio di un capo clan viene rapito.
Da un lato un boss, interrogato perché sospettato del sequestro, dall’altro il maresciallo Pietro Fenoglio che, si legge sul retro di copertina, “sarà costretto a inoltrarsi in quel territorio ambiguo dove è più difficile distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato”. Carmelo Arezzo ha quindi messo in risalto proprio questa mancanza di un confine netto tra buono e cattivo, quest’idea dell’ossimoro che, già nei titoli, sembra ricorrente in tutti i libri di Carofiglio. In quest’ultimo, l’esperimento narrativo di rendere i verbali lingua letteraria non può che dare allo scritto quel sentore di cronaca che, intrecciata alla narrazione, dà un nota potente di verosimiglianza se non forse di veridicità.

L’ex magistrato ex politico non ha d’altronde fatto mistero di un certo fastidio sul modo in cui a volte si parli di criminalità organizzata nel nostro paese dove l’informazione sembra tendere più a una retorica del male trionfante, ricercando la notizia di scalpore (di solito cronaca nera) che ai progressi fatti (enormi se si considera che gli omicidi in Italia sono scesi dai 2.000 del 1992 ai 479 del 2016) ignorando i grandi meriti di coloro di cui non si parla e a cui andrebbe invece riconosciuto di aver effettivamente cambiato il paese.

La Sicilia


© Riproduzione riservata