Portopalo di Capo Passero - Contaminare è un gioco da prendere sul serio: è tutto attraversato dal tema della contaminazione il nuovo menu dello chef Roberto Pirelli del ristorante ViDi di Portopalo di Capopassero.
Il ristorante, aperto nel 2017 insieme alla moglie Paola Tosi, “interprete gastronoma dello chef” come ama definirsi, oltre che sommelier e direttore di sala, è incastonato dentro il meraviglioso Castello Tafuri e offre agli ospiti una cucina che accompagna sapori e desideri gastronomici a un’esperienza visiva unica con la terrazza a strapiombo sul mare.
Una carriera conquistata palmo a palmo nel nord Italia con il ristorante “Il Ritrovo” a Carate Brianza e prima ancora con numerose esperienze all’estero tra cui Nord e Centro America, Medioriente e Europa Mediterranea tra Spagna e Grecia. Roberto Pirelli rimane legato alle sue origini siciliane, ma esalta la visione ampia e internazionale con un percorso visionario e provocatorio che affianca al menu degustazione dedicato alla Sicilia.
“Contaminazioni” è una passeggiata vertiginosa e affascinante intessuta tra il racconto dei limiti e la proposta del loro superamento. Che siano limiti territoriali e geografici, della tradizione o legati alla cultura enogastronomica, Roberto Pirelli li doma e li ammorbidisce, raccontando una visione preziosa e sapiente degli ingredienti utilizzati. Nelle otto portate che compongono il nuovo menu, il visitatore viene accompagnato in un racconto di contrasti oltrepassati, di apparenze che si disvelano e di giochi dove il limite trova composizione nella contaminazione.
Terra e mare, Nord e Sud, creatività e tradizione- Tra i temi più ricorrenti quello delle materie prime e delle portate tradizionali che giocano tra il dolce e il salato e l’accoppiamento della carne con il pesce in un gioco equilibrato e intenso di abbinamenti. Il cremino a beccafico stupisce ritrovando la nota fresca e sapida della sarda e quella agrodolce della salsa al Nero d’Avola, l’animella si fa scrigno di scoperta con caviale e yogurt al cumino. Qui il contrasto non è solo negli ingredienti, ma anche nel loro utilizzo nella cucina tradizionale: da una parte la parte povera della carne, le interiora, dall’altra il caviale che impreziosisce i piatti più glamour. Una contaminazione perseguita con convinzione e maestria dallo chef, che racconta ancora l’abbinamento tra carne e pesce, ma anche quello più ludico tra Nord e Sud che connota anche la sua coppia di lavoro e di vita (la moglie Paola ha origini friulane) con le ossa bruciate alle erbe aromatiche. Un piatto scenografico che arriva fumante al tavolo e richiede tenacia e voglia di scoperta per scavare e appropriarsi delle note più succulente del midollo, ricoperto di una tartare di alalunga, intervallata dalla nota croccante della cipolla in agrodolce. Un esperimento difficile che trova una sintesi interessante, mantenendo il sapore di tutti gli ingredienti un capitolo in equilibrio tra l’identità e l’integrazione. Seguono la zuppetta di ceci neri bio, ingentiliti dalla patata al limone, marasciuolo e baccalà che è una preziosa dedica all’escursione tra campi e reti dei pescatori nel suo richiamo orientale; il risotto con pecorino pepato e riccio di mare, una cacio e pepe sicilian style a cui una selezione di pepe dello chef dona una fragranza inedita. Di nuovo il mare protagonista, di nuovo una contaminazione elegante: lo sgombro ai carboni accompagnato dalla salsa olandese e dalla misticanza di campo, conferma la maestria dello chef con le cotture che spingono la materia a tirare fuori il meglio di sé.
La chiusura è in dolcezza. Qui la contaminazione è servita sulle note magistrali del maestro Corrado Assenza, che unisce dolce e salato, ritrovando le sfumature in natura: ricotta, mielarò, crescione e piselli freschi e semifreddo al the affumicato, tartare di fragole e oliva candita.