Attualità L’indennizzo

Danni da vaccino anti Covid volontario: come chiedere il risarcimento

Il consenso informato non è un esonero di responsabilità in caso di eventi avversi permanenti

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 Roma - L’Agenzia italiana del farmaco ravvisa solo 7 casi ufficiali, sulle 127 milioni di iniezioni di vaccino anti Covid somministrate finora nel Paese, in cui le reazioni avverse sono state così gravi da condurre alla morte. Gli ultimi dati disponibili dall’inizio della campagna vaccinale si fermano a fine settembre 2021 e indicano 120 segnalazioni di effetti collaterali non banali ogni 100.000 dosi inoculate, di queste però solo il 14% gravi e permanenti. Quindi, in media, parliamo di 17 casi su 100.000: una percentuale inferiore a quella di molti altri vaccini.

Ma se una persona si trova in questa spiacevole situazione, cosa può fare per ricevere almeno un aiuto economico da parte dello Stato, che di recente ha stanziato dei fondi ad hoc? La legge numero 210 del 92 già prevede che il cittadino abbia diritto a un indennizzo in caso di danni vaccinali, non solo se appartiene a una categoria per cui vige l’obbligo ma, come ha stabilito la Corte Costituzionale in diverse sentenze, anche se la decisione di immunizzarsi è volontaria. Per le vaccinazioni consigliate, come quella contro il Covid o antinfluenzale, spetta dunque l’indennizzo statale.

La firma del consenso informato, al momento della puntura, non equivale a un esonero di responsabilità perché il diritto alla salute non è «disponibile», non può cioè essere oggetto di rinuncia, e perché lo stesso foglio viene fatto firmare anche nel caso di vaccinazione obbligatoria. Ci sono delle tabelle, consultabili sul portale del ministero della Salute, che stabiliscono gli importi in base al danno riportato e si può chiedere un assegno pari al 30% dell’indennizzo, per coprire il tempo che passa prima di ricevere l’intera somma.

La domanda va presentata entro tre anni dalla manifestazione del danno all’Asp di residenza, producendo la documentazione necessaria. Se l’istruttoria burocratica va a buon fine, la pratica passa a una commissione medica che valuta le condizioni di salute del contribuente e invia il proprio giudizio all’Asl. Il punto dolente della procedura è l’onere della prova: in caso di contestazione spetta al cittadino dimostrare il rapporto causa-effetto tra siero ed effetto grave, avvalendosi di una propria perizia medico legale.


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