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Zac

Libertà di satira

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Ragusa - Esattamente un anno fa la sede di Charlie Hebdo a Parigi subiva l’attentato. Si colpivano con essa la libertà di parola e la satira, tornata sulle bocche di tutti a fare da protagonista nell’annoso scontro tra buon gusto da una parte e senso liberatorio della provocazione dall’altro. Niente di nuovo perché se è vero che la satira ha sempre seguito l’attualità, affiancando l’informazione e anzi facendosi spesso controinformazione, è altrettanto vero che ha insito nel suo carattere il tono tagliente, asciutto, diretto, derisorio, polemico con punte talvolta violente.
2015: il giovane regista ragusano Massimo Denaro (classe 1987), sceglie come oggetto del suo saggio di diploma del corso di reportage cinematografico una figura scomoda, rivoluzionaria e ingiustamente dimenticata come Pino Zac, uno dei più grandi maestri della satira d’Europa. “ZAC - I fiori del male”, dal titolo apparentemente baudelairiano, selezionato quest’anno alla 72esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è stato proiettato a Ragusa mercoledì scorso al cinema Lumiére, all’interno del Costaiblea Film Festival.
Pino Zac, negli anni ’50 costretto dalla censura a fuggire all’estero, dopo Varsavia e Berlino approda a Parigi, al principale giornale di satira del mondo, “Le Canard Enchaîné”, che ne apprezza allora e ne ricorda tuttora gli attacchi “al potere arbitrario, all’intolleranza, alla stupidità”. Dopo un periodo a Praga, Londra, Bruxelles, nel 1973 torna in Italia, forse incoraggiato anche dalla produzione dell’Istituto Luce del suo “Il Cavaliere Inesistente”, tratto da Italo Calvino, realizzato con le più avanzate tecniche di animazione dell’epoca. Nel 1977 dà vita a una nuova testata, “Il Quaderno del Sale”, per il quale recluta quei disegnatori di cui sarà maestro e padre e che oggi possono essere indicati come i detentori della satira italiana: Jacopo Fo, Riccardo Mannelli, Vincenzo Sparagna, Vauro Senesi, Vincino, Valter Zarroli, alcuni dei quali oggi collaboratori di Il fatto quotidiano, Repubblica, Corriere della Sera, Il Foglio e La7. Sono loro che quando nel ’78 Zac annuncia di essere stato fatto fuori dall’editore, lo spingono a dar vita a un nuovo giornale, il Male.
Cosa fanno alla redazione del Male? Prendono in giro il potere col fumetto: apparentemente si limitano a strappare quella risata che presto si trasforma in ghigno amaro. In realtà e senza neanche tanti veli, danno vita a una potentissima denuncia ironica e graffiante dell’attualità. Lo fanno sotto gli occhi di tutti, in edicola, proprio in un’epoca in cui al contrario la denuncia sociale assume tratti violenti. 1978: rapimento Moro. In edicola c’è l’ultimo numero del Male, con in copertina un disegno di Zac con la faccia di Aldo Moro trasformata in fallo e all’interno un editoriale di Sparagna in cui, attraverso la finta lettura delle mani dei politici, si prevedeva la carcerazione del leader democristiano. L’associazione con le Brigate Rosse sembra inevitabile. Nel film, durante una delle gustose interviste, Mannelli sottolinea come quella che fu una coincidenza (il Male era già in edicola quando Moro fu rapito) in realtà abbia riflettuto un carattere distintivo della satira, riuscire a individuare con netto anticipo sugli altri quello che è il vero protagonista della scena politica e farne il bersaglio, stessa deduzione ma di tutt’altro segno fatta dalle Brigate Rosse. Massimo Denaro, affascinatosi alla figura di Zac già tra i corridoi della facoltà di architettura a Roma, quando frequenta il Centro sperimentale di Cinematografia all’Aquila, non esita a visitare il poco distante castello di Fontecchio, dove il geniale vignettista si è spento nel 1985. Da lì comincia questo progetto di scoperta, letteralmente sotto la polvere e l’oblio, di un personaggio scomodo quanto rivoluzionario e attuale, come lo ha ricordato Dario Fo “uno dei pochissimi artisti del nostro tempo in cui la sete di libertà, verità e giustizia hanno prevalso su qualsiasi altro valore”.

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