Cultura Agrigento

La Valle dei templi svela il telamone

Dopo l’assemblaggio dei blocchi di pietra, la statua alta otto metri è stata liberata dall’intelaiatura e restituita alle visite



Agrigento - Dopo venti anni di studi, ricerche e restauri il gigante di pietra dell’antica Akragas si è rialzato. Il telamone, una delle colossali statue antropomorfe che sostenevano l’architrave del tempio di Zeus Olimpio, l’Olympieion, simbolo della Valle dei templi di Agrigento, è stato riportato in posizione eretta. Stamattina la cerimonia di presentazione del telamone ricostruito. La statua, alta quasi otto metri, è sostenuta da una struttura in acciaio di 12 metri alla quale sono ancorate delle mensole dove sono collocati i singoli pezzi del monumento riassemblato. 

L’intero progetto di musealizzazione dell’area dell’Olympieion, che finora è costato 500mila euro di fondi del Parco, include la prossima ricostruzione a terra di una parte della trabeazione e della cornice del tempio, in modo rendere un’idea più concreta delle dimensioni colossali e dell’unicità del monumento ma, nello stesso tempo, proteggere i reperti. Nel 2004, il Parco della Valle dei templi ha avviato un’estesa campagna di studi e ricerche sull’Olympieion affidata all’istituto archeologico germanico di Roma (Dai Rome) e guidata da Heinz-Jürgen Beste. Lo studio, oltre a nuove conoscenze sul monumento, ha portato alla precisa catalogazione degli elementi ancora in situ. Sono stati così individuati più di 90 frammenti che appartenevano ad almeno otto diversi telamoni e, di uno di essi, si conservavano circa i due terzi degli elementi originari che lo componevano. Questo nucleo omogeneo di blocchi è stato utilizzato per la ricostruzione del telamone, fratello di quello già ricostruito a fine Ottocento, ospitato al Museo archeologico Pietro Griffo dove è tuttora. Il curatore del progetto è l’architetto Carmelo Bennardo, attuale direttore del Parco archeologico di Siracusa, mentre l’esperto scientifico è l’architetto Alessandro Carlino.

In particolare vi erano una serie di blocchi modanati, 5 in totale, che facevano parte del frontone e della trabeazione; due capitelli, una porzione di trabeazione (architrave e fregio) e cornice (geison); un telamone. “Nascosti tra i ruderi del tempio di Giove Olimpico, di quello che Diodoro descrisse essere come una delle opere più imponenti dell’antichità – afferma Sciarratta – si trovano numerosissimi resti utili alla ricostruzione degli elementi architettonici più singolari presenti nei templi di Akragas. Ci sono infatti più telamoni che giacciono in pezzi tra i resti del più grande tempio greco della Sicilia, in parte individuati già da Pirro Marconi che negli anni ’20 del secolo scorso, scrive della sorte di questo illustre edificio, il più famoso tra quelli di Agrigento, definendola come perlomeno ‘singolare’”. Il Telamone ricostruito è posizionato nella zona a nordest del tempio, la stessa che i viaggiatori dell’Ottocento in Sicilia, disegnatori e studiosi, individuavano come il punto da cui il gigante emergeva dai ruderi. E, da quella posizione, guarda la città.


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