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Repubblica: 60 pompieri pagati per l'aeroporto chiuso di Comiso

L'aeroscalo dei fantasmi

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Comiso - Come nel deserto dei Tartari ogni giorno sessanta vigili del fuoco alzano gli occhi al cielo nella speranza di vedere un aereo, che però non passa mai. Da un anno sono stati distaccati alla caserma di Ragusa per occuparsi della sicurezza dello scalo di Comiso, pronto dal 2007, ma ancora chiuso.

Lo scalo, costato 36 milioni, è chiuso a causa di un pasticcio burocratico tra Stato, Regione ed Enac. I vigili del fuoco sono dipendenti dello Stato pagati, quindi, "per girarsi i pollici tutto il giorno", come ha denunciato all'Assemblea regionale l'ex sindaco di Comiso Giuseppe Digiacomo, che guida la rivolta degli amministratori locali della zona e il mese scorso per protesta ha perfino digiunato una settimana chiedendo un intervento del presidente della Repubblica sullo "scandalo dell'aeroporto costruito e mai entrato in funzione".

Lo scalo non è diventato operativo perché nessuno vuole pagare i controllori di volo: non il governo che non lo considera un aeroporto nazionale, non la Regione che non ha soldi, non l'Enac perché non è uno scalo strategico, e nemmeno i privati che hanno vinto la gara per gestirlo e non hanno intenzione d'investire altro denaro.

L'aeroporto è chiuso, ma intanto 60 vigili del fuoco da oltre un anno continuano ad essere distaccati "per

assistenza allo scalo di Comiso" in una caserma che ha già di ruolo 149 dipendenti: "Di fatto si girano i pollici, visto che non c'è molto altro lavoro da fargli fare nella nostra zona", dice Digiacomo, che ha voluto fortemente la realizzazione dello scalo. I sindacati hanno fatto anche i conti dello spreco: "In media ogni vigile guadagna circa 3000 euro lordi al mese, quindi i 60 colleghi che ci hanno inviato in più nella nostra caserma a oggi sono costati 2,3 milioni di euro", dice un sindacalista. In realtà i vigili arrivati per Comiso collaborano ai turni di guardia della caserma e, per aggiungere sprechi agli sprechi, nei mesi scorsi hanno pure partecipato a un corso di formazione particolare per soccorsi aeroportuali. Ma è chiaro che nel territorio tutte queste unità al momento non servono a nulla.

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Nell'Italia delle emergenze e dei terremoti, con i vigili del fuoco che a livello nazionale lamentano la carenza di personale nelle zone a più alto rischio, ecco che in Sicilia si crea una sacca di lavoro dorato quanto inutile. E lo spreco non finisce qui: oltre ai vigili pagati per non fare nulla, sono stati acquistati due grandi mezzi che servono per i soccorsi in caso d'incendio negli scali. Costati 400 mila euro l'uno, da quasi due anni sono chiusi nei garage delle caserme di Verona e Catania e ormai sono coperti dalla polvere.

I vigili sono quindi già pagati, i macchinari sono nei garage, ma lo scalo rimane chiuso dal 2007, da quando è stato inaugurato in pompa magna dall'allora vice premier Massimo D'Alema. L'aeroporto da cinque anni è una cattedrale nel deserto, con tanto di torre di controllo e apparecchiature radar. Nel frattempo il Comune, sognando incassi d'oro, ha costituito una società di gestione per il 35 per cento pubblica e il resto affidata ai privati con tanto di gara: a vincerla con un'offerta di 18 milioni di euro è stata la Intersac, composta dalla Sac che gestisce lo scalo di Catania e dal gruppo editoriale Ciancio-Sanfilippo. La Intersac ha già versato al Comune il canone per l'occupazione del suolo per i prossimi 40 anni: 3,2 milioni di euro. Soldi che in un fiato sono stati spesi dal Comune, oggi al dissesto con 25 milioni di debiti.

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Dal 2007 l'ingorgo burocratico non è stato comunque risolto e tutto è fermo. L'unica cosa che qui cambia in continuazione è la targa con il nome dello scalo. Il nuovo sindaco, Giuseppe Alfano del Pdl (che nel frattempo ha fatto utilizzare la pista dello scalo a dei suoi amici per farsi un giro in Ferrari), ha voluto intitolare la struttura fantasma al generale Magliocco protagonista della guerra di Mussolini in Etiopia, e non a Pio La Torre come era stato deciso in un primo momento.

Adesso però la Regione ha nuovamente cambiato nome, intitolando la struttura a La Torre: "Inoltre abbiamo deciso di sostenere l'iniziativa dei sindaci e delle associazioni imprenditoriali e sindacali della zona, che hanno presentato una denuncia alla Corte dei conti contro tutti i ministri all'Economia che da cinque anni a questa parte non hanno voluto garantire i soldi, pochi, necessari a far partire lo scalo", dice l'assessore regionale alle Infrastrutture Pier Carmelo Russo.

"Il piano industriale prevede per Comiso 1,5 milioni di passeggeri in tre anni con aumento del Pil provinciale pari a 1 miliardo di euro, ma lo Stato continua a non darci risposte, il 30 giugno occuperemo Fiumicino per protesta", dice Digiacomo. E i vigili del fuoco? Continuano a guardare in alto nella speranza che arrivi un aereo: ma senza preoccuparsi più di tanto, loro lo stipendio lo prendono lo stesso.


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