Cronaca L'Etna erutta

Signori, Sua Maestà il Vulcano

Una serie di violente e ininterrotte esplosioni poi una colata lavica

https://www.ragusanews.com/resizer/resize.php?url=https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/16-01-2011/1396124945-signori-sua-maesta-il-vulcano.jpg&size=800x500c0 L'ultima eruzione


Catania - Torre del Filosofo.Come se avessero spalancato le porte dell'inferno, liberando in tre ore un'energia pari a quella di una bomba atomica. L'Etna è tornato, e lo ha fatto in maniera così violenta e repentina da sorprendere quasi gli esperti che 24 ore su 24 lo tengono sotto stretta osservazione. Tra le 21,40 e le 0,55 di mercoledì notte il vulcano ha dato fiato a tutta la sua ira, con fontane di lava alte 4-500 metri, una colonna di cenere e gas roventi alta 7.300 metri - che si è allungata per chilometri verso Sud-Ovest, arrivando fin sopra Modica e Ragusa -, e con una colata lavica che si è aperta a ventaglio all'interno della desertica Valle del Bove, raggiungendo una lunghezza superiore ai 4 km. Già all'1,20 dell'altra notte i fenomeni si erano esauriti, ma sul terreno sono rimaste le tracce. E non è finita: alle 15,31 di ieri pomeriggio una "cannonata" all'interno del "pit crater", lo sprofondamento che si apre alla base del cono del cratere di Sud-Est protagonista dei fenomeni, lascia intendere che siamo solo all'inizio.
Le 8 del mattino del giorno dopo. La strada provinciale 92 che da Nicolosi conduce al Rifugio Sapienza è un tappeto vetroso di cenere e lapilli. Il sole splende sul mare, ma il termometro segna zero gradi. Così come la strada, anche il piazzale di Contrada Cantoniera è ricoperto dal materiale piroclastico vomitato la notte prima dal "pit crater": alcuni brandelli di schiuma lavica sono grandi come noci. All'inizio della pista che conduce in quota, le auto di servizio si affiancano le une alle altre: tecnici e vulcanologi della sezione catanese dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) parlano con le guide e con i responsabili della Funivia, mentre agenti del Soccorso alpino della Polizia e quelli della Guardia di finanza riassumono quanto accaduto nella notte. Poi, tutti a bordo per raggiungere l'area sommitale.
Mezz'ora dopo eccoci ai piedi del profilo martoriato del Sud-Est. Dalla cima del cono si sprigionano densi vapori bianchi, mentre all'interno dello sprofondamento continue volute di polvere rossiccia testimoniano il parziale crollo delle pareti. Tutt'intorno, caldi vapori si levano dalla colata lavica che si è spinta nel profondo della Valle del Bove, ben oltre i Monti Centenari (quota 1630 metri sul livello del mare).
«L'evoluzione dell'attività - spiega Domenico Patanè, direttore della sezione catanese dell'Ingv - è stata così repentina da scompaginare persino le previsioni a breve scadenza. Da giorni avevamo osservato una consistente variazione nell'indice di pressurizzazione, cui si è accompagnata la migrazione del tremore vulcanico dal cratere di Nord-Est a quello di Sud-Est. Sono cresciuti anche i valori dell'anidride solforosa. Ma a livello sommitale non c'erano consistenti deformazioni del suolo. Per questo, pur prevedendo una fase parossistica, avevamo valutato che questa sarebbe arrivata in un arco di tempo più lungo. Viceversa, le fontane di lava hanno quasi subito preso il posto delle esplosioni stromboliane, e il tremore è schizzato all'insù nel giro di pochissimo. Tutto questo modifica il profilo statistico dell'attività dell'Etna».
«Adesso - prosegue Patanè - stiamo sviluppando più dati possibili per tracciare il probabile quadro evolutivo. Si è già proceduto alla raccolta dei campioni di materiale eruttato (scorie, cenere e lapilli sono ricaduti soprattutto sul versante occidentale del vulcano, coinvolgendo gli abitati di Bronte e Belpasso) e questo ci dirà se siamo al cospetto di materiale iuvenile proveniente dal profondo, o se in questa prima fase è fuoriuscita lava che stazionava da tempo nei condotti».
«E poi - conclude Patanè - stiamo studiando l'andamento della migrazione del tremore che, invece di alzarsi all'interno dell'edificio vulcanico, sembra essere sprofondato. Questo potrebbe significare il coinvolgimento di altre vene di alimentazione che si aggiungerebbero a quelle che già interessano i condotti del Sud-Est. Sono discorsi teorici che hanno bisogno del conforto degli accertamenti sul campo. Così come si potrebbe prevedere un'attività simile a quella del 2008 quando, a una violenta fase parossistica, fece seguito l'inizio di un'attività effusiva dalla base del Sud-Est, con la lava che si riversò nella Valle del Bove».
Sfidando la temperatura sotto lo zero e il forte vento di tramontana, i tecnici dell'Ingv per ore lavorano sul bordo del Belvedere (quota 2800) per potenziare una delle stazioni di rilevamento più importanti dell'intero sistema. Frattanto la guida Alfio Mazzaglia rientra dal lungo sopralluogo sull'orlo del "pit crater". «Le pareti dello sprofondamento - spiega - sono instabili e crollano di continuo. Al momento, non pare vi sia attività. Ma è tutto relativo». Dopo ore in quota, si rientra alla base. Tutto appare tranquillo. Poi, alle 15,31 l'Etna torna a tuonare.


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