Roma - A poche ore dalla pronuncia della Corte Costituzionale sull'ammissibilità del referendum sulla cannabis legale, in Italia restano almeno 50mila i pazienti che affrontano quotidianamente difficoltà legate all'approvvigionamento della cannabis terapeutica per il trattamento del dolore cronico: ad oggi in tutto il Paese risultano presenti appena 6 distributori e una sessantina di farmacie che la mettono a disposizione. Nel 2021 il fabbisogno nazionale a uso medico è stato di 1.400 chili a fronte della produzione di 300 kg dell'istituto farmaceutico militare di Firenze, che deve provvedere da solo all'intero Stivale.
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Il pubblico è formato per lo più da persone affette da patologie con spasticità associata al dolore come la sclerosi multipla, il glaucoma resistente alle terapie convenzionali e la sindrome di Tourette. I prodotti esistono: recentemente ministero della Salute e Aifa hanno autorizzato un'azienda farmaceutica pugliese all'importazione, ripartizione e confezionamento del principio attivo stupefacente denominato 'estratto di cannabis 15% Thc'. Ma una giungla normativa prevede che ci voglia l'ok anche di ogni singola regione.
"Le persone appena vengono a coscienza della possibilità di curarsi con un prodotto naturale che potrebbe avere una efficacia maggiore a quanto provato fino ad ora cambiano la propria la visione - sostiene Marta Lispi, presidente dell'associazione Cannabiservice -, noi siamo passati da poco più di 100 associati del 2019 al migliaio, dieci volte tanto: conseguenza anche dello stress legato alla pandemia e ai vari lockdown”. Non a caso siamo il secondo paese al mondo per uso di psicofarmaci. La conferma arriva anche da un recente sondaggio effettuato dal Comitato pazienti cannabis medica: ben l'87,5% degli associati ha dichiarato di aver avuto difficoltà a reperire i prodotti sul mercato farmaceutico.