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I medici implorano il gong: «Lockdown di 15-20 giorni o è la fine»

Sanitari a un passo dal gettare la spugna: "Sembra di essere in guerra"

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 Palermo – “A chi ci governa faccio un appello: serve un lockdown di 15-20 giorni. Chiudiamo tutto per bloccare questa marea montante omicida". A parlare alle agenzie di stampa è Vincenzo Provenzano, direttore medico del Covid Hospital di Partinico, che si fa portavoce di analoghe richieste giunte in tal senso all’esecutivo da parte di molti altri primari e medici, non solo siciliani. Davanti all'escalation di contagi serve una campanella, un break per tirare il fiato, per non finire all’angolo. “Senza lockdown - aggiunge - non usciremo da questa situazione e si rischia tra un paio di settimane, quando arriverà il picco di contagi dopo le festività natalizie, di trovarci davanti a una catastrofe. Sembra di essere in guerra”. La stessa parola usata dalla collega del Cervello, Tiziana Maniscalchi, insultata dai no vax a cui salva la vita.

"Qui abbiamo dovuto aprire un altro piano, non ci sono più posti - spiega Provenzano -. Stiamo riempiendo tutto, arrivano da ogni parte: l'80% non è vaccinato, il restante 20 sono vaccinati con seconda dose da più di quattro mesi ma con patologie pregresse”.  Fa eco da Catania il primario di Pneumologia del Cannizzaro, Sandro Distefano: "Abbiamo 70 ricoverati, di cui 20 in Pneumologia. Non abbiamo alcuna postazione disponibile di ossigeno. Abbiamo chiesto disponibilità di trasferire pazienti al San Marco e al Garibaldi, ma anche loro sono pieni, non so dove manderemo il prossimo intubato. Ma la cosa che fa male è leggere dichiarazioni da parte di commissari Covid che sostengono che tutto ciò fosse imprevedibile: noi medici lo avevamo ampiamente previsto, ma nessuno ci ha ascoltati. Adesso vogliono pure riaprire le scuole: una follia pura".

Il carico da 11 ce l’ha messo proprio l’assessorato regionale alla Salute, con la decisione di equiparare i test rapidi a quelli molecolari per diagnosticare la positività al virus: “E’ sbagliato, la variante Omicron fugge nel 40% dei casi, il rischio è di innescare focolai anche in corsia" avverte il prof. Antonino Giarratano, direttore del dipartimento di Emergenza e urgenza del Policlinico palermitano e presidente della Società italiana anestesisti. "Non conosco, nemmeno in quanto componente del Cts regionale, quali criteri abbia adottato in questa nuova ondata chi ne aveva ruolo - afferma -. Tutti contavano sull'ipotizzata minore capacità di determinare ricoveri della Omicron, ma già ai primi di novembre avevamo lanciato l'allarme a livello nazionale perché, con la libera circolazione, pazienti Covid e non-Covid assieme avrebbero saturato le terapie intensive”. Ora la frittata è fatta. 


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