Attualità L'altra emergenza

Il Covid uccide anche chi non ce l’ha: troppi letti tolti agli altri malati

In Sicilia saltate 50mila operazioni e 3 milioni di visite dall’inizio dell’epidemia

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 Ragusa – Tra fine giugno e inizio luglio, quando i nuovi contagi in Sicilia erano solo un centinaio al giorno e i decessi si contavano sulle dita di una mano monca, sembrava fatta. Abbiamo esultato troppo presto: il ritorno alle cure e alla prevenzione per gli altri pazienti – quelli non Covid, che da oltre un anno e mezzo si aggravano o muoiono di altre patologie – è di nuovo rimandato a data da destinarsi. I reparti che si stavano cominciato a riconvertire, sono tornati ad essere riallestiti in fretta e furia per far fronte all’impennata di ricoveri. La campagna vaccinale non è riuscita a frenare e compensare gli effetti di una zona gialla equivalente grosso modo a quella bianca, il bisogno di normalità di cittadini esasperati dalle restrizioni e i controlli delle forze dell’ordine sempre più blandi.

Il via libera scoccato ai nastri della stagione estiva è stato troppo precipitoso, ma c’erano le ragioni dell’economia da salvaguardare. Chi metteva in guardia dai pericoli delle folle selvagge, nelle movide cittadine e davanti ai maxi schermi degli Europei,  era additato come un uccello del malaugurio. Il risultato, per l’Isola, è l’imminente ritorno in una inutile zona gialla prodromica all’arancione e, ancora peggio, la sospensione di ricoveri ordinari e day hospital, così da garantire più posti letto ai positivi e diluire percentuali di occupazione ospedaliera che non ne vogliono sapere di scendere.

Sta già avvenendo in alcuni nosocomi siciliani, proprio quando i pronto soccorso erano tornati a essere affollati da persone con altre malattie: dal San Giovanni di Dio di Agrigento all'ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto, al Civico di Palermo. Le direzioni sanitarie inviano circolari ai primari chiedendo di verificare che le corsie non siano strapiene: "Se il pronto soccorso è in affanno il ricovero ordinario si rimanda - dice ad esempio Raffaele Lanteri, chirurgo del Policlinico di Catania e responsabile regionale Ugl medici -, rischiamo di stoppare nuovamente tutte le prestazioni non urgenti".

Sono circa 50mila gli interventi chirurgici e oltre 3 milioni le visite e gli esami saltati da marzo 2020, anche nelle strutture private. Più del Covid, continua a uccidere la sanità pubblica che – già azzoppata prima dell’epidemia dai continui tagli e “ottimizzazioni” - ora riesce a farsi carico di un contribuente solo se è in fin di vita. Piove sul bagnato: dal 15 ottobre la medicina d'urgenza si troverà sguarnita perché i neolaureati Cococo che hanno appena vinto i concorsi di specializzazione se ne andranno. Tutto fermo: non si assume più neanche un portantino e, quindi, non si possono aprire nuove strutture.


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