Catania - Gli indagati per lo stupro di Catania sono sette, ma del branco avrebbero fatto parte altri giovani egiziani ancora da identificare. E spunta un video che sembra essere stato usato come ricatto. «Tremavo come una bambina, ero terrorizzata», ha raccontato la giovane vittima. Ha solo 13 anni, è poco più di una bambina ma mostra la determinazione di un adulto mentre ricostruisce l’incubo vissuto assieme al fidanzato lo scorso 30 gennaio a Villa Bellini. Un incubo iniziato con l’insistente richiesta del gruppo di egiziani che volevano soldi e sigarette e proseguito con la violenza all’interno del bagno del parco comunale. La tredicenne ha parlato di «sette, dieci persone», mentre nei ricordi del fidanzato il numero sale a «dodici, tredici». La sua testimonianza sarebbe la più attendibile visto che è stato costretto ad assistere alla scena mentre in due, a turno, approfittavano della fidanzata.
L’orrore
«Dai, dammi un bacio, non avere paura», sono state le prime parole pronunciate da uno degli indagati che ha spinto la tredicenne in bagno e «ha chiuso la porta con il gancio». A violentarla sarebbero stati un minorenne e un indagato che ha da poco compito 18 anni. Per loro e per un altro minorenne, che teneva la ragazzina ferma durante lo stupro, il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della procuratrice Carla Santocono. I tre indagati hanno respinto le accuse nel corso dell’interrogatorio di garanzia. La posizione del neo diciottenne sarà trasmessa alla Procura distrettuale che indaga su altri quattro maggiorenni (il fascicolo è coordinato dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Anna Trinchillo). Tra questi c’è l’egiziano che ha collaborato con i carabinieri per identificare i componenti del branco. «Il mio assistito ha confermato quanto aveva detto prima, quindi è stato un interrogatorio lampo, ha spiegato che la sua presenza sul posto è stata del tutto casuale, era lì perché aveva sentito gridare», ha detto l’avvocato Salvatore Ganci: «Il ragazzo si è reso conto della gravità dei fatti da subito e ha parlato con gli operatori della comunità e con i carabinieri».
Gli interrogatori
Un altro maggiorenne, ha spiegato l’avvocato Alessandro Fidone, «si è detto estraneo ai fatti», aggiungendo che «era sì sul posto ma non ha partecipato, all’aggressione e ha capito la gravita dei fatti». Gli ultimi due indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La decisione del giudice è attesa nelle prossime ore. La Procura ha chiesto il carcere per tutti e i domiciliari per l’egiziano che ha collaborato.
La ricostruzione
Il racconto della tredicenne è un pugno nello stomaco: «Non riuscivo a urlare, balbettando gli chiedevo di smetterla, faceva male». Tutto inutile, gli abusi sono proseguiti. Quando il primo violentatore si è allontanato soddisfatto la ragazzina ha sperato che fosse finita. Si era illusa. Un altro si è fatto avanti, l’ha spinta di nuovo nel bagno urlando: «Lo voglio anche io». Nel frattempo, gli altri tenevano fermo il fidanzato («ti spacchiamo il c…») che per provare a fare desistere il branco ha iniziato a picchiare con la testa contro la porta del bagno. Un tentativo tanto disperato quanto inutile, mentre «ridevano, mi prendevano in giro e sentivo la mia ragazza dire “basta, basta”». La tredicenne è riuscita a liberarsi dalla morsa del secondo violentatore: «L’ho spinto, ho aperto la porta, ho preso il mio ragazzo e siamo scappati verso l’uscita principale». Qui sono stati soccorsi dai passanti che hanno allertato i carabinieri. I militari hanno identificato subito alcuni ragazzi del gruppo. C’è voluto più tempo per i due violentatori. Decisivo sono stati il racconto delle vittime e di uno degli egiziani, e l’analisi dei profili social (Instagram e TikTok).
La testimonianza del fidanzato
La testimonianza del fidanzato ha aggiunto un dettaglio su cui si continua a indagare. Uno dei due violentatori, subito dopo che erano stati accerchiati, ha mostrato un video ai fidanzati. Li aveva filmati pochi istanti prima, in un momento di intimità: «Lei ha detto che il video se lo potevano tenere, ma dovevano lasciarci andare, io invece gli ho chiesto di cancellarlo, mi ha risposto che ero pazzo e poteva ammazzarmi». Lo smartphone è stato sequestrato dai carabinieri che lo stanno analizzando per capire se il video sia ancora presente nella memoria o sia stato cancellato.