Ragusa - Sono di quelle notizie che non vorresti mai arrivassero.
Un nodo alla gola mi stringe, mi rimbombano in testa la sua voce, i racconti, gli aneddotti.
Sono in silenzio, in studio, smarrito con le lacrime agli occhi come quando perdi un familiare, tante chiamate, messaggi, amici in comune.
L’amico Maurizio Beucci, direttore di Leica Akademie Italy, mi chiede affettuosamente di scrivere un pensiero su di lui.
Non è facile in questo momento. Per me era come un padre e al tempo stesso il mio più fraterno Amico.
Ci eravamo conosciuti quando io ero un giovanissimo fotografo di 22 anni, lui già un grandissimo punto di riferimento per me e per tutti noi.
Aveva l’umiltà dei grandi, ricordo che emozionatissimo gli mostrai delle foto nel suo studio, mi diede dei consigli preziosi e mi invitò da li a poco ad andare a fotografare insieme a San Cono.
Da quel giorno nacque una meravigliosa Amicizia, di trent’anni, sincera, piena di affetto, molti i viaggi insieme e le risate, tante risate e non ci staccammo più. Un giorno eravamo andati a fotografare insieme una festa e ad un certo punto ci mettemmo a correre fianco a fianco, lo guardavo con stupore e mi chiedevo ma come fa!
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Uomo colto, raffinato, che ho sempre stimato, generoso, una volta mi permisi di pagare al posto suo e mi rimproverò severamente. Ricordo ancora quando andammo al funerale insieme di Enzo Sellerio, in ascensore, in un silenzio tombale gli feci un ritratto specchiato.
Ogni volta che arrivavo da lui era come entrare in un mondo magico, pieno di fate, di visi che ti guardavano e ti parlavano, sembrava di udire i tamburi rullanti e le grida delle persone delle mille feste che ha fotografato. Tanti scrittori, intellettuali e poeti ritratti, sua la famosa foto di Bufalino, Sciascia e Consolo che sorridono insieme. Istanti di vita, di memoria racchiusi nel suo spettacolare archivio di oltre 600.000 negativi.
Quando ero in Brasile, per un documentario nelle favelas, il mio assistente al rientro mi raccontò che lui chiamava in studio tutti i giorni preoccupato per avere mie notizie.
Come un padre ad un figlio, come un maestro ad un allievo mi ha sempre incoraggiato, sostenuto.
Ci eravamo sentiti appena qualche giorno fa, gli avevo inviato la copertina del nuovo libro che a breve uscirà per avere un suo consiglio, è stato lui a farmi capire che per fare delle buone fotografie non bisogna essere in capo al modo e mi aveva tanto sollecitato nel fare un libro sul mio territorio.
Il caso ha voluto che un impegno improvviso mi bloccasse per andare da lui a Ragusa pochi giorni fa ed è andato invece al mio posto mio figlio Valentino 18enne con il mio amico Pierluigi che voleva conoscerlo, sono le ultime persone che ha incontrato nel suo studio. Gli avevo detto che a breve sarei andato a trovarlo invece lo ricorderò per sempre per i suo insegnamenti e il suo meraviglioso umorismo.
Oggi la fotografia perde un maestro di vita, un maestro del neorealismo, sapeva anticipare l’istante che stava per accadere, aveva una forza di sintesi fuori dal comune, ogni sua fotografia era un colpo al cuore, giornate intere in camera oscura, severo, rigoroso, un bianco e nero che difficilmente nei mi anni di fotografo ho visto. “La fotografia non è un invenzione, è sapere raccontare una storia in poche immagini”.
Lasci un segno indelebile di umanità.
Ciao Peppino.
Foto e testi di Roberto Strano.