Lettere in redazione Racconto

Racconto. Undicesimo comandamento, non bigiare scuola

Il racconto di una nostra lettrice

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/22-04-2024/racconto-undicesimo-comandamento-non-bigiare-scuola-500.jpg Racconto. Undicesimo comandamento, non bigiare scuola


Mancavano solo tre giorni alle vacanze estive e, con le due compagne del cuore, decidemmo di “anticipare” la chiusura dell’anno scolastico. Memori della buona riuscita della stessa prodezza sperimentata l’anno precedente,avremmo bigiato.

Prendemmo accordi, quindi, per ritrovarci tutte e tre il mattino dopo, alle ore 8:30, al passaggio a livello della stazione. Era comodo incontrarci lì perché volevamo ritornare al bar che si raggiungeva continuando oltre le sbarre. Era una bella passeggiata di circa un chilometro, ma avremmo avuto il bar, con flipper e jukebox, a disposizione per tutta la mattinata, soprattutto, eravamo fuori mano e non correvamo il rischio di fare incontri indesiderati.

Ho avvertito mia sorella del fattaccio (anche lei frequentava lo stesso Istituto) e le ho raccomandato, ma solo se qualcuno glielo avesse chiesto, di informare la classe della mia “indisposizione”.

Che bella idea bigiare gli ultimi tre giorni, tanto oramai i giochi erano fatti. Ricordo che avrei dovuto “subire” l’ultima interrogazione in francese, ma me ne sono fregata. Mancava solo uno 0,50 di punto per la sufficienza piena: “Faccia quello che vuole” mi sono detta “Mica mi boccerà per così poco?”.

La merenda ce l’avevamo. Era d’uso mangiarla a scuola,  durante l’intervallo, ma stavolta l’avremmo consumata al bar e avremmo ordinato solo acqua per giustificare al gestore la nostra presenza. Non potevamo permetterci di più visto che dovevamo usare le poche monete per flipper e jukebox.

Era una bella giornata di inizio Giugno e tutto procedeva bene. Le cinque ore di “lezione” trascorsero con spensieratezza ed allegria. “Come passa il tempo quando si lavora” commentai ironica, sorridendo. Era, infatti, velocemente arrivata l’ora del rientro. “Su ragazze incamminiamoci, tanto domani si replica” esclamai gioconda.

Ricordo che arrivai a casa baldanzosa e fiera della bravata, ma, già sull’uscio, sentii l’aria pesante. In corridoio incrociai mia madre che, curiosamente, mi accolse con un “bentornata, tutto bene a scuola?”

Trovai bizzarro questo approccio, non s’era mai sognata di chiedermi come fosse andata la mattinata e la frase suonò incomprensibilmente oscura alle mie orecchie. Avevo una strana sensazione. Intravedevo mia sorella che, paonazza, gesticolava disperata alle spalle della genitrice, ma non capivo cosa volesse dirmi. Capii ogni cosa subito dopo avere pronunciato le successive tre parole: “tutto bene, grazie” cioè quando mi arrivò, senza che l’avessi visto partire, uno schiaffo che mi fece sentire la famosa sirena della fabbrica cittadina, quella che, ai bei tempi, scandiva le ore dei lavoratori locali.

“Dove diavolo sei stata fino ad ora, bugiarda?” “a scuola” risposi pronta, e mi arrivò un secondo schiaffo, di rovescio, sull’altra guancia, per bilanciare il precedente. Mia sorella, oramai disperata, si ritirò in camera aspettando la fine del temporale.

Era palese che qualcosa  non aveva funzionato. Senza ulteriori commenti mia madre, infuriata, se ne andò in cucina a finire di preparare il pranzo ed io, con le guance fumanti, andai in camera, da mia sorella, a cercare chiarimenti e conforto.

“ho tentato di avvertirti, ma tu, niente, non mi hai proprio ca**ta ” mi disse irritata. In breve mi spiegò che la detentrice della potestà genitoriale, che in tre anni di frequenza era venuta a scuola solo tre volte, quella mattina, chissà per quale amorevole spinta emotiva o, forse, astrale, sentì il bisogno, passando da quelle parti, di venirci a trovare. “Ma porca miseria” esclamai con voce strozzata.

Solo verso sera, sbollita la rabbia, emerse il senso di colpa. Riuscii a confessare a mia madre cosa avevo combinato, le promisi che l’indomani sarei tornata a scuola e, con una grande faccia ovviamente da schiaffi, che non avrei mai più fatto fesserie. Lei, beffarda, mi intimò, senza possibilità di replica: “visto che a scuola non hai più niente da fare i prossimi due giorni li dedicherai alle pulizie di casa”.

Sarebbe stato meglio se, prima di uscire, quella mattina, avessi letto l’oroscopo del giorno.

Chiudo questa pagina penosa della mia vita rendendo noto l’unico dato positivo dell’avventura: informo ufficialmente la platea dei lettori curiosi che fui promossa. L’insegnante mi abbuonò lo 0,50 di punto grazie anche alla cortese, attiva collaborazione di mia sorella che, da brava interprete, rese credibile la mia “indisposizione” quando le compagne di classe le chiesero, perché glielo chiesero in presenza della docente, il motivo della mia assenza. XI, non bigiare. 


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