Siena - A cinquant'anni dalla fondazione del marchio, il "vero" Mulino Bianco è in vendita. L'azienda, nata sotto il coordinamento di Giovanni Maestri nel 1975, fa parte del gruppo Barilla, il quale, per ampliare il proprio mercato, decise di puntare non solo sulla pasta, ma anche su biscotti, merendine, grissini e prodotti da forno salati. Protagonista di tantissimi spot, Mulino Bianco è entrato nel linguaggio comune, tanto che ancora oggi si utilizza l'espressione "famiglia da Mulino Bianco" per indicare una famiglia tradizionalmente intesa e rappresentata spesso negli spot pubblicitari. Il vero Mulino, che ha dato il nome all'omonimo brand, non solo esiste davvero, ma sta per essere venduto.
Il marchio festeggia nel 2025 i 50 anni, il mulino oggi è chiuso e in vendita per 1 milione e 700 mila euro. Quello spot girato da Giuseppe Tornatore con le musiche di Ennio Morricone, nel 1990, ebbe la forza di trasformare un marchio, Mulino Bianco, in un luogo fisico, la vecchia macina di Chiusdino appunto, a dieci minuti di macchina dall’abbazia di San Galgano, nel borgo medievale in provincia di Siena. Si possono ritenere due luoghi di culto considerando quanti negli anni Novanta si misero in macchina per andare a curiosare tra le mura della “famiglia del Mulino”. Per non parlare dei viaggi “premio” organizzati da Barilla, la proprietaria del brand. I vertici aziendali arrivavano in elicottero nella piccola Chiusdino a supervisionare le riprese. Tornatore aveva appena vinto l’Oscar per Nuovo Cinema Paradiso. Un’epoca d’oro anche per il mulino delle Pile.
Nell’immaginario collettivo niente è cambiato: ancora oggi i turisti lo cercano se sono in zona o si spostano apposta. Ma nel 1994 le pubblicità tornarono ad essere girate in città, così il mulino venne stato trasformato in agriturismo e ristorante. Poi è finito all’asta. «Ma non è vero, come dicono, che siamo falliti» assicura Andrea Burchianti della famiglia che ne è proprietaria. «Nel 2019 abbiamo preso la decisione di chiudere l’attività ricettiva (8 camere e weekend da 200 coperti al ristorante). C’è stato un procedimento di pignoramento a causa di mutui sospesi, però dopo 4 mesi l’abbiamo rilevato. Oggi è in vendita e in buone condizioni, chiaramente con le fragilità di una struttura che risale al 1200. Spendiamo molto per mantenerlo sano». «I visitatori sono sempre tanti. Purtroppo — ammette Burchianti — soffriamo di vandalismo. Nonostante sia proprietà privata, nonostante ci siano una sbarra, un cancello e vari divieti c’è chi continua a entrare e fare danni».
Vetri rotti, mobili rubati, e anche un trattore falciaerba portato via. Il mulino venne tirato su dai monaci di un’abbazia vicina con pietre e mattoni rossastri e fu dipinto di bianco solo per esigenze pubblicitarie. Si contano oltre mille metri quadrati di struttura con giardino, piscina e 20 ettari di terreno intorno. L’agriturismo è durato 15 anni. «Purtroppo abbiamo attraversato le peggiori crisi: quella del 2008 e poi nel 2020, quando stavamo ripartendo, anche il Covid» ricorda la proprietà. Così nel 2019 alcune righe scritte su Facebook ne annunciavano la chiusura. «La conduzione solo familiare non era più sostenibile e la zona non offriva personale stabile», racconta Burchianti. I futuri acquirenti, suggerisce, dovrebbero puntare sull’indotto dei matrimoni che si celebrano nella vicina San Galgano; dove nel 2016 disse sì pure l’ex ferrarista Raikkonen. Fino gli anni Dieci sembrava che al mulino delle Pile potesse partire un progetto firmato Barilla. Una fattoria didattica. «C’era un plastico, dovevano costruire anche un teatro sotterraneo — ricorda Burchianti —, purtroppo il Comune ci non ha approvato il piano regolatore e ci ha lasciato un anno in attesa. Quando sono cambiati i vertici di Barilla tutto si è raffreddato. Comunque siamo ancora in buoni rapporti».