A 21 anni, con un sogno che si stava trasformando in realtà, Pino Daniele si trovò di fronte alla sua porta girevole della fortuna. Da un lato l’invito alla Emi, la casa discografica che avrebbe potuto lanciarlo, dall’altra la firma di un contratto con Alitalia, per un posto di steward, e quindi l’opportunità di un lavoro fisso, di una sistemazione. Una scelta non da poco per chi conosceva già le difficoltà della vita. A consigliarlo fu Dorina. La fidanzata dell’epoca, che sarebbe diventata sua moglie di lì a poco, fu lapidaria: fai quello che ti piace. E così, nell’aprile del 1976, Pino Daniele scelse definitivamente la musica. Si presentò alla Emi, al mitico indirizzo romano di viale Oceano Pacifico 46. E da quel primo contratto nacque l’album «Terra mia», con la sua intensa fusione di sonorità antiche e nuove.
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Lo racconta Claudio Poggi, produttore e amico di Pino, nel docufilm Pino Daniele – Nero a metà, scritto da Marco Spagnoli e Stefano Senardi, che nelle sue prime tre giornate di programmazione (4-5-6 gennaio), ha totalizzato oltre mezzo milione di incassi e quasi 60.000 spettatori. Vista la risposta del pubblico, il film resterà in sala anche nei prossimi giorni, a siglare la fine delle celebrazioni nel decennale della morte precoce di un artista indimenticato.