Cultura Firenze

Un libro sulla Fornace Penna di contrada Pisciotto

Dell'architetto Pasquale Bellia

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Firenze - Nello spazio abbandonato della Fornace, le istigazioni ai progetti speculativi ormai non si contano. Invece bisogna lasciare che il volgere del tempo modelli la Fornace come reperto del consumo.
Oggi la Fornace, non è ciò che resta di un’opera della passata funzione con sembianze della Fabbrica di Laterizi, su cui esercitare una meditazione malinconica intorno al carattere caduco di ogni impresa umana. È, al contrario, un’architettura nuova, diversa per essenza da quella di cui comunque attesta l’esistenza, è un quindi un manufatto autonomo.
È un’opera a sé!
Un’opera che continua a morire, eppure continua a crescere di nuova vita.
Al cospetto della Fornace si prova un sentimento nuovo che permettere al visitatore la percezione di un diverso rapporto fra le forze naturali e quelle spirituali. Bisogna contemplare il “resto” architettonico della Fornace come categoria estetica, ricca di connotazioni e significati liberati dall’uso funzionale, nella sua cruda utilità.
C’è un senso del carattere estetico che si vuole attribuire alla rovina. La contemplazione estetica della rovina - nonostante il sentimento tragico che costantemente l’accompagna - è in realtà pacificatrice, rappacifica il visitatore con la distruzione, come accostarsi ad un altare laico.
L’area della Fornace, è ora spazio della bellezza con una particolare magia benefica, perché tra il degrado, l’indifferenza e lo stile uniforme, la rinuncia alla bellezza - quella bellezza fatta di cultura materiale, di lavoro umano costruito per secoli sul riconoscimento simbolico, visivo, tecnico del paesaggio in un incontro tra etica ed estetica - è la vera miseria del vuoto”.

Dalla IV di copertina

Fornace Penna di Pisciotto
Reperto di archeologia industriale, nel paesaggio e nella storia del luogo


Pasquale Bellia (2015), Ed. E.N., Firenze.
Pagine 320, 380 illustrazioni, formato cm 24x29.


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