Scicli – C’era probabilmente una donna a casa di Peppe Ottaviano la sera di sabato 11 maggio, una amica, ma non c’era solo lei. C’era almeno un altro uomo, anch’egli persona di fiducia di Peppe, il quale ha accolto in casa gli ospiti in rilassato déshabillé.
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Un clima confidenziale, intimo, una serata davanti ad alcune bottiglie di birra ingannata nel gioco di arrotolare alcune cartine per comporre una rilassante sigaretta.
Il rossetto.
Il rossetto su un mozzicone racconta della presenza di una donna che ha assistito all’omicidio, che è però opera dell’altro partecipante a quel definitivo momento di convivialità.
Definitivo come la violenza che l’amico di Peppe ha scagliato sul suo corpo, colpito a morte forse in seguito a un raptus di stupida follia.
Troppo sangue, racconta chi ha visto quella casa domenica 12 maggio alle 21, quando l’omicidio è stato scoperto, sulle scale, sulle pareti, fin dentro la camera da letto della mamma dove Peppe era riverso senza vita e senza molti indumenti indosso.
Chi ha ucciso Peppe non è un professionista del crimine. Ha lasciato impronte e tracce del proprio sangue e della propria saliva ovunque, ha lasciato le impronte delle proprie scarpe, per non dire di peli e capelli caduti nella colluttazione.
Ma c’è una svolta nelle indagini. Alcune immagini di videosorveglianza hanno ripreso delle persone che si aggiravano attorno a casa Ottaviano poco prima del delitto. Il cerchio si stringe.
Non è un professionista del crimine chi ha ucciso. Se avesse commesso l’errore di comprare le birre in un locale videosorvegliato, se per pura stupidità fosse passato davanti a un locale pubblico che preserva la propria sicurezza con una telecamera, ebbene, no, non sarebbe un assassino lucido.
Ed eccoli sullo schermo i volti degli amici di Peppe, gli amici della birra, della cartina che diventa sigaretta, dell’amicizia che diventa rabbia e voglia di morte.
Morte che l’autopsia sul corpo di Peppe Ottaviano interpreterà venerdì pomeriggio a Modica.
I Ris, dopo aver fatto la cernita delle impronte digitali lasciate dai soccorritori, dai carabinieri e dal cugino accorso nel momento della scoperta del delitto, hanno terminato il lavoro di acquisizione delle tracce del molteplice sangue alle pareti.
Che non sembra appartenere solo a questo ragazzo fragile e di buona famiglia che domenica a pranzo era atteso dai parenti che lo volevano accanto a tavola mentre la mamma era lontana a trovare la figlia maggiore.
Ingenuo, si fidava degli altri, fragile e generoso, capace di grandi cadute e di slanci di empatia, Peppe ha conosciuto le tenebre dell’esistere e l’inquietudine del rapporto con la propria coscienza, in questo sostenuto per quanto possibile dalla famiglia e dal sistema sanitario.
Era bravissimo a sbucciare qualunque tipo di frutta con coltello e forchetta in un minuto. Lo aveva imparato alla scuola militare Nunziatella di Napoli. Dopo quel gioco di prestigio miracoloso, aggiungeva al piatto un motivo floreale.
Era la sua grazia non compresa.