Cultura Intervista all'uomo che ha fatto la televisione in Italia

Giancarlo Governi: Io e Alberto Sordi

Buon compleanno



Scicli - “Io e Alberto Sordi siamo nati quasi nello stesso giorno. Alberto il 15 giugno, io il 16. Ci separavano un giorno, e diversi anni all’anagrafe. Una volta mi chiese di accompagnarlo a festeggiare il compleanno alla chiesa del Divino Amore, a Roma. Pensavo che saremmo andati insieme in chiesa, anche perché lui era molto religioso. E invece mi portò in un orfanotrofio, annesso all’edificio di culto. Trovammo duecento bambini che, appena entrammo, intonarono: “Tanti auguri a te…”


Gli chiesi: “E chi so’ questi?”


“I bambini dell’orfanotrofio”.


“E che c’entri tu?”


Mi rispose un prete, direttore dell’orfanotrofio: “Che c’entra lui? Se non ci fosse lui, questi sarebbero tutti in mezzo a una strada”.

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“Alberto mi impose di non rivelare questa cosa a nessuno. L’ho raccontato solo il giorno della sua morte”.


Giancarlo Governi è noto al pubblico televisivo per la trasmissione “Ritratti”, con cui ha tratteggiato la vita professionale e privata dei grandi personaggi della televisione e della cultura italiana, ma è soprattutto un giornalista e autore televisivo che, da capostruttura della Rai, ha raccontato pagine importanti della storia di questo paese.

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Giancarlo Governi da dieci anni villeggia a Sampieri in estate, e su Scicli ha un occhio critico acuto: “Valorizzate tanto Montalbano e l’Unesco, ma non dite che 130 sciclitani parteciparono alla spedizione dei mille di Garibaldi. Un’omissione grave”.
Trasteverino di via della Lungara, Governi è il papà di “Storia di un italiano”, in onda la domenica sera su Rai Due dal ’77 all’81, e collaboratore per venti anni di Alberto Sordi. Per questo, sul celebre attore, ha tanti aneddoti da raccontare.
“Alberto voleva celebrare i 30 anni di carriera, andammo in uno stabilimento cinematografico, lui possedeva le pellicole intonse dei suoi film, dentro casse di alluminio. Individuammo un filo rosso che passava attraverso i suoi film, ed era questo italiano che entrava e usciva dalla storia. Era sufficiente estrapolare il filo rosso, pensammo, e punteggiare i momenti storici con il materiale di repertorio. Da qui l’idea di “Storia di un italiano”.

 

Stare accanto ad Alberto è stata una grande scuola, umana e professionale. Alberto era un maître à penser, aveva una visione originale e paradossale dei fatti, poteva sembrare qualunquista politicamente, con un interlocutore di sinistra diventava di destra; io facevo il sinistro e lui faceva il destro. Era strepitoso, era un vulcano di allegria, fedele all’immagine cinematografica.
Passava per avaro, e lo lasciava credere. Negli anni ‘60 si era arricchito grazie ai sacrifici della povera gente che stringeva la cinghia per vedere i suoi film; a lui non piaceva ostentare la sua ricchezza. Ha sempre avuto l’auto media dell’italiano medio, l’ultima sua auto fu una Fiat Punto”.
Governi nasce come giornalista a 15 anni: “Tanti miei colleghi hanno iniziato come “trombettieri”, i corrispondenti dei quotidiani scrivevano i pezzi, però non avevano voglia di dettarli, i trombettieri erano dei ragazzi che leggevano al telefono il pezzo al giornale per conto dei corrispondenti”.
Dal Corriere dello Sport a Paese Sera, quindi critico televisivo dell’Avanti, Governi entra in Rai nel 1967 “con la paura di finire in un Tg.
Accettai l’incarico in Rai, con la promessa che sarei andato a fare i programmi, e dopo un anno mi promossero caposervizio dei programmi speciali della televisione.
La domanda era: cosa sono i programmi speciali? Capii che i programmi speciali erano tutti i programmi non normali. Ovvero, tutte le cose che piacevano, e che la tv non faceva. Il primo programma di cui fui autore si chiamava “Supergulp, i fumetti in tv” .
Firma diversi sceneggiati - “Petrosino”, “L’amaro caso della baronessa di Carini”, “Puccini” - e lancia diversi registi, come Roberto Negrin, Paolo Poeti, Michele Placido, Vittorio Mezzogiorno.
Dopo “Storia di un italiano”, Governi firma “Il pianeta Totò”: “Non capisco come nessuno pensi a fare un film su Totò. Nei suoi panni vedrei bene Sergio Castellitto. Ma anche Pierfrancesco Favino”.
Lasciata la carica di dirigente Rai, Governi decide di fare l’autore.

 


Nel 1994, con un film documentario su Fausto Coppi, quindi su Anna Magnani, Primo Carnera, il Grande Torino, Massimo Troisi, nasce la serie “Ritratti”.
I “Ritratti” oggi sono una cinquantina e rappresentano una vera e vibrante enciclopedia dello spettacolo.
Parallelamente Governi coltiva l’attività di scrittore, è giunto al ventesimo libro, “Nannarella”. Tra i suoi titoli, un libro su Stanlio e Olio, “Due teste senza cervello”.
A Giancarlo Governi si deve anche il debutto di Roberto Benigni in tv, ai tempi del monologo teatrale “Cioni Mario fu Gaspare fu Giulia”: “È una cosa che ricordano in pochi, ma Roberto la sottolinea ogni volta che ne ha l’occasione. Facemmo “Vita da Cioni”, una trasposizione televisiva, di cui io ero autore. Da lì “Televacca”, Ondalibera in una stalla.
Emerge il ricordo di un altro nome importante. “Aldo Fabrizi ha lasciato 5000 lettere. Il salone di casa sua era il suo studio, c’era la macchina da scrivere, e in fondo la cucina: cucinava e scriveva. Dovevo fare una trasmissione su di lui.
“Vieni puntuale, domani a mezzogiorno, mezzogiorno e mezzo”. Arrivavo.
“Che te va? Ti faccio a gricia (un’amatriciana in bianco, ndr), ma ciò sai perché si chiama gricia? Allora, compra il guanciale, er pecorino c’avemo? Ma tu la sai la storia dell’amatriciana, c’è chi a chiama amatriciana, e chi a chiama matriciana? Ad Amatrice dicono che è roba sua, ma invece deriva da latino “matrix”, guanciale.
Pranzavamo: “ A me me viene l’abbiocco, ce vedemo domattina, me raccomando, puntuale: alle dodici, dodici e mezzo…”.
Ingrassai tre chili in una settimana”.
Come è nato il tuo amore per questo mondo?
“Sono andato per la prima volta al cinema, da solo, a 6 anni, a vedere “Fifa e arena”. Era al cinema Augustus, fu un battesimo nel fuoco”.

 

Cosa mi dici di Scicli?
“Sono arrabbiato, e ti ho già detto perché. Sul prospetto del Municipio c’è una lapide in cui si dice che 130 sciclitani seguirono Garibaldi. Le vostre guide turistiche però dicono tutto fuorché quello.
Scicli è città magica, di notte aumenta la sua magia, respiri la storia, l’arte che va al di là, impalpabile, che soltanto in questi posti trovi. A Scicli senti addosso Ragusa Ibla, Noto, Siracusa, Modica”.

 

 

Stefania Pilato

Giuseppe Savà





 


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