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Era solo Libero. Solo nel rifiutare il pizzo, l''obolo' mensile, che tutti pagavano in silenzio. Ma, soprattutto, era solo nella sua ostinata denuncia. Nel volere a tutti i costi parlare di mafia in una città assopita dopo anni di omertà e connivenza. Cosa nostra non esiste, gli imprenditori siciliani non pagano il pizzo, dice il presidente di Confindustria di allora. La sua impresa, la Sigma, era sana, produceva biancheria intima ed aveva un bilancio in attivo. ''La prima volta mi chiesero i soldi per i 'poveri amici carcerati', i 'picciotti chiusi all'Ucciardone' scrive Grassi in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera . Quello fu il primissimo contatto. Dissi subito di no. Mi rifiutai di pagare. Così iniziarono le telefonate minatorie: 'Attento al magazzino', 'Guardati tuo figlio', 'Attento a te'". "Il mio interlocutore racconta si presentava come il geometra Anzalone, voleva parlare con me. Gli risposi di non disturbarsi a telefonare. Minacciava di incendiare il laboratorio. Non avendo intenzione di pagare una tangente alla mafia, decisi di denunciarli''. (segue)
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