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Giorgio Agamben: Nel 900 il gesto dell'artista diventa opera d'arte

La liturgia dell'opera d'arte

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Scicli -  “La macchina artistica della modernità”. Giorgio Agamben parla del nodo borromeo per cui opera, artista e opera creativa sono legati insieme da una sorta di macchina a tre facce.

“Non è mai possibile separare questi tre elementi. Andiamo in Germania, negli anni Venti del 900, nel silenzio dell’Abbazia benedettina di Maria Laach in Renania, dove un oscuro monaco, Odo Casel, nel ‘23 pubblica la “Liturgia come festa misterica”, il manifesto di quello che poi sarà riconosciuto come Movimento Liturgico.

La parola “liturgia” appartiene originariamente al vocabolario politico e significa etimologicamente opera pubblica, opera per il popolo.

Per Casel la liturgia è un mistero, il mistero però non è una dottrina segreta. Mistero è una prassi, un’azione teatrale, un insieme di gesti e di parole che si compiono per la salvezza degli uomini. Il Cristianesimo per Casel non è un insieme di verità e di dogmi, ma un mistero, cioè un’azione, una performance liturgica, in cui gli attori sono Cristo e il suo corpo mistico, la Chiesa. In tale azione è in gioco la salvezza di colui che la compie e di quanti vi partecipano. La liturgia cessa di apparire come una celebrazione di un rito esteriore, che ha altrove la sua verità, un dogma. Al contrario, solo nel compimento qui e ora di questa azione performativa il credente può trovare la salvezza. La messa non è perciò una rappresentazione o una commemorazione, ma è essa stessa l’evento, una ripresentazione della azione salvifica di Cristo. L’azione liturgica agisce ex opere operato, in quel momento e in quel luogo, indipendentemente dalle qualità dell’operante, per il fatto stesso di essere posta in essere.

A partire da questa concezione, credo che vi sia più di una analogia tra l’azione della liturgia secondo la visione di Casel e le avanguardie dell’arte contemporanea.

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Artisti e poeti (basti pensare a Mallarmè) cominciano a guardare la loro pratica come la celebrazione di una liturgia, ovvero la salvezza spirituale dell’artista, nella dimensione performativa, come rituale, efficace per il semplice fatto di essere celebrato, svincolato dal suo significato sociale.

Questo secondo aspetto viene ripreso dalla Avanguardie del Novecento. Come, secondo Casel, la celebrazione liturgica non è una imitazione o una mera rappresentazione dell’evento salvifico, ma è essa stessa l’evento, allo stesso modo, le avanguardie abbandonano il paradigma mimetico della tradizione, per approdare a una performance assoluta, una pura liturgia, efficace ex opere operato e non per la qualità dell’artista.

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Agli inizi del Novecento l’azione stessa dell’artista pretende di presentarsi come opera d’arte. 

Ph. Pasquale Bellia

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