Il 3 novembre di cinquanta anni fa moriva a Davos, in Svizzera, Carlo Guzzi. Era nato a Milano il 4 novembre del 1889.
Il suo nome riporta immediatamente alla mente il motivo per il quale sarà sempre ricordato da milioni di appassionati motociclisti, italiani e stranieri.
Carlo Guzzi, in famiglia detto Taj, era figlio di Palamede, ingegnere e professore all’Istituto Tecnico Superiore di Milano. Ma lui, paradossalmente, non riuscì mai né a diplomarsi né a laurearsi. Ma quando esiste il puro talento, non c’è titolo accademico che possa contare. Trasferitosi dopo la morte del padre a Mandello, sul Lago di Como, si mise subito a lavorare come apprendista in officine meccaniche dove sviluppò un incredibile capacità nel campo della motoristica.
Durante la prima guerra mondiale prestò servizio in Marina, dove conobbe il pilota Giorgio Parodi (figlio del ricco armatore genovese Emanuele), con il quale, alla fine del conflitto, esattamente il 21 marzo 1921, fondò a Mandello la fabbrica motociclistica oggi famosa nel mondo. L’aquila quale simbolo delle Moto Guzzi deriva da quella che rappresenta la Marina e l’Aviazione italiane, in omaggio al pilota Giovanni Ravelli, morto in un incidente aereo, amico e commilitone di Guzzi e Parodi.
Il 3 novembre i Guzzisti omaggeranno il fondatore delle motociclette da loro amate con una bella corsa in moto, accarezzando la tanca coll’aquila ad ali spiegate. Perché il rombo del bicilindrico a V, quale che sia la cilindrata, quale l’allestimento, se una modernissima California 1400 oppure una veccha V7, non lascia indifferenti. Impossibile.
Chi scrive può vantarsi di essere un motociclista ed anche guzzista. Seppure, poiché cronicamente povero, non mai in sella ad una Eldorado o ad una Norge, ma più modestamente, a quattordici anni, su uno scalcagnato “Dingo 3 marce” rosso e smarmittato. Faccio parte della famiglia.
di Saro Distefano
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