Il più bel psycothriller degli ultimi anni ce lo ha regalato Steven Soderbergh e lo ho ha fatto girandolo tutto con un Iphone 7: Unsane è un gioiellino, un capolavoro di genere diretto dal regista di Ocean’s, Erin Brockovich e Traffic ed è stato presentato fuori concorso al Festival di Berlino 2018. Noi, lo abbiamo visto in anteprima in lingua originale. La trama gioca per almeno un’ora fra sogno, delirio e realtà: una giovane donna, Sawyer Valentini (una straordinaria Claire Foy), è vittima di stalking da due anni e per sfuggire al suo persecutore ha deciso di cambiare completamente vita, trasferendosi da Boston alla Pennsylvania.
Qui, si rende conto di sentire ancora i fantasmi del suo passato, non riuscendo a fare una vita “normale” e vedendo il suo persecutore nei volti di alcuni sconosciuti. Decide di consultare uno psicologo per avere aiuto e, invece, si ritrova sottoposta ad internamento presso la Highlaand Creek Behavioral Center, una clinica psichiatrica. La giovane donna è vittima di nevrosi e ha completamente perso il senso della realtà, oppure il suo più grande incubo è davvero tornata a perseguitarla? Girato tutto con l’Iphone 7, dimostrando così che la bravura dei registi non si vede solo per i mezzi che usa, ma per le idee che hanno e la loro percezione della realtà, il film è costato pochissimo, rispetto ai budget dei film americani: appena (si fa per dire) un milione di dollari. La location, è un ospedale psichiatrico abbandonato e il tempo delle riprese è stato da record, due settimane.
Si tratta di un film kafkiano, dove la protagonista si trova catapultata, suo malgrado, in un incubo senza fine e dove la società sembra arrogarsi il diritto di decidere delle vite altrui. L’aver effettuato le riprese con l’Iphone, non ha tolto nulla, stilisticamente, al film che risulta cubo, delirante, claustrofobico, proprio come l’incubo in cui precipita la protagonista. Sin dalle prime scene, veniamo catapultati in un mondo angosciante, fatto di fantasie morbose e di disperati tentativi di ricostruirsi una vita. Man mano che l’incubo diventa sempre più reale, le pareti dell’ospedale si restringono, gli spazi diventano più angusti, i primi piani più marcati.
Ma se fosse solo questo, il film risulterebbe ben poca cosa. Ciò che colpisce è la critica spietata al “sistema” di cura del malato, fatto di medici compiacenti e distratti, infermieri e personale non qualificato e amministratori a cui non importa nulla dei pazienti, trincerati in vane parole e tecnicismi, convinti dalla loro stessa cialtroneria, impegnati solo far quadrare a fine mese il budget delle spese. Una storia inquietante, ma verosimile, visto il problema dello stalking, che diventa qualcosa di invalidante, che costringe a cambiare stili di vita e abitudini come se tutto ciò fosse normale.
Un film da vedere, consigliato agli amanti del genere e non solo.