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Squasi e Arà, il siciliano intraducibile

Parole cult, plurisematiche

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Chi volesse ricostruire con l'aiuto di dizionari dialettali l'etimo di queste due voci, di sicuro non troverà nulla.

In effetti, sono due paroline davvero misteriose, un autentico rompicapo per etimologisti e curiosi della lingua.

L'Oli Devoto così definisce l'etimologia:

"L’individuazione o la ricostruzione degli etimi, sostanzialmente stimolata da processi associativi spontanei, sia che venga poi perseguita con rigore scientifico, sia che, al contrario, si appoggi su arbitrarie giustapposizioni di forme o di significati, come in molti esempi medievali (nobilis = non vilis) e nel caso della cosiddetta e. popolare (fare un repulisti, per accostamento a pulire di questa forma latina, che in realtà significa ‘tu hai respinto’): l’e. è una scienza aleatoria."

Incoraggiato da questa definizione, allora, ho provato a spremere le meningi nel desiderio di attribuire una provenienza a termini che sembrerebbero quasi inventati da un buontempone.

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Eppure "squasi" e "arà!" fanno parte veramente della nostra vita, spesso ci ossessionano, a volte sfumano sentimenti, smorzano i toni di una conversazione animata, sempre in ogni caso ci aiutano a esprimere concetti e idee.

"ARA'!", per esempio, è diventato un "cult" della parlata siciliana, una di quelle espressioni che bisognerebbe subito inventare se non esistesse già.

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Quante volte con essa abbiamo manifestato un profondo disappunto o semplicemente la abbiamo utilizzata per dare tempo al nostro cervello di pensare? Con garbo e senza dare all'interlocutore l'impressione sgradevole di un pensiero non condiviso.

O anche bonariamente in una discussione tra amici per presentarci e assistervi.

In italiano non esiste un termine che potrebbe tradurla.

Se però cercassimo in altre lingue che sono state in epoche passate molto parlate qui, da noi, sicuramente qualcosa d'interessante potrebbe venir fuori.

In castigliano, per esempio, l'espressione "¡Anda ya!" traduce esattamente il nostro "Arà!". Non è sbagliato supporre, dunque, che tra le due voci ci sia stata in passato una parentela strettissima anche perché nello spagnolo colloquiale, sia antico che moderno, quell'"anda ya!" suona come "aanà" in quanto spesso la "d" è muta e la "n" è appena sussurrata. Una cadenza uguale nella voce, poi, e lo stesso tono per esprimere un identico stupore o un ragionevole disappunto rendono la similitudine perfetta.

Altro discorso, molto più complesso, richiede "squasi".

In Internet, dopo il clamoroso successo della lingua di Camilleri, girano etimologie al riguardo talmente strane da risultare dichiaratamente fasulle, inaccettabili, compilate da persone che, in effetti, dimostrano di possedere una scarsa conoscenza del dialetto.

Il siciliano non è una lingua morta ma straordinariamente viva. E' capace di sottigliezze inimmaginabili per esprimere delicati stati d'animo sia con folgoranti monosillabi sia con vere e proprie acrobazie linguistiche spesso frutto di numerosi lasciti, stratificatisi nei millenni.

Nulla ha a che fare, però, questa parola con altre a essa molto simili, presenti anche in molti dialetti del Nord dell'Italia.

Se, come già detto nella definizione dell'Oli Devoto, dobbiamo fidarci del vero significato intrinseco di un termine per ipotizzare un'ascendenza credibile quando le origini sono incerte o addirittura introvabili, è chiaro che la ricerca debba essere estesa anche in questo caso ad altre lingue parlate in passato in questa parte dell'isola.

Intanto non bisogna necessariamente confondere "squasi" (ritenendola una variante), come di prammatica succede, con "quasi", avverbio, usato nella lingua italiana ma anche in quella siciliana con quell'approssimazione appena sufficiente che caratterizza già il termine latino dal quale naturaliter si fa discendere.

Chi conosce bene il siciliano e, in special modo, il "nostro" della contea di Modica, sa che tutto si vuole esprimere con "squasi" tranne un'idea di approssimazione o insufficienza.

"Squasi", in effetti, sta per "in verità", "è proprio così". Difatti vuole rafforzare con enfasi un pensiero o la risposta data a un interlocutore.

Come "Arà!" nessun dizionario siciliano antico, compreso quello del Pasqualino, registra la nostra voce e questo la dice lunga riguardo a una sua ventilata origine latina.

Da un pezzo, per ciò, io ho creduto di individuare la strana provenienza di questo termine nell'espressione castigliana "es que es así" (è proprio così). Espressione che, in bocca alla gente nella parlata corrente, suona più o meno : "scuasi".

Non ho la pretesa di avere scoperto l'America, mi auguro semplicemente, però, che le mie ipotesi siano considerate come alcune fra le tante possibili.

Posso, invece, tranquillamente affermare che l'unica eredità vera e viva tramandataci dai Padri nella storia è questa lingua meravigliosa, addirittura vergognosamente bistrattata e ripudiata negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento dalle classi borghesi, ora, colpevolmente riscoperta. Senza di essa, infatti, nessuna identità per un Siciliano sarebbe possibile né alcun riscatto sociale e culturale potrà avvenire mai.         


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