Cultura Mito e folclore

Il mito della Madonna a Cavallo: Maria Santissima delle Milizie

L'attualizzazione del mito

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Scicli - La conquista normanna della Sicilia fu un evento traumatico e particolarmente violento che vide fronteggiarsi due grandi civiltà: da un lato l'Occidente, la Cristianità e dall'altro l'Oriente, l'Islam. Stanziati in Sicilia dall'827 i dominatori arabi non costituirono mai uno stato unitario; essi, invece, divisero l'isola in tanti settori, ciascuno dei quali aveva a capo un kaid.

 

Fu per una contesa fra il kaid di Catania e quello di Agrigento che nel 1060 furono chiamati, in Sicilia i Normanni; questi, guidati da Roberto il Guiscardo e da Ruggero d'Altavilla, tra il 1060 ed il 1087 conquistarono Messina, Cerami, Catania, Palermo ed Enna, nel 1091 occuparono Noto (ultimo baluardo musulmano) e nell'anno successivo anche le isole maltesi.

In questo contesto storico, secondo lo storico Paolo Militello, s'inserisce la leggenda dell'intervento miracoloso della Madonna a cavallo a sostegno degli sciclitani, soccorsi dalle milizie del conte Ruggero contro i Saraceni dell'emiro Belcane. Nella leggenda "si narra come nell'anno 1091 sbarcasse sulla spiaggia di Donnalucata  l'Emiro Belcane con numeroso esercito e il popolo di Scicli accorresse armato, ma trovandosi inferiore di forze all'esercito degli infedeli, si prostrasse con la faccia a terra, invocando l'aiuto di Cristo e della Vergine.

Comparve allora Maria armata di brando e circondata da una nube splendente come il sole, gridò al popolo sciclitano- en adusum ecce me, Civitas dilecta, protegam te dextera mea [Ecco, son qui ad assisterti, o mia città diletta: ti  proteggerò con la mia destra]. A quel grido il popolo si levò da terra, e vide l'esercito dei Normanni che arrivava in tempo a dargli aiuto, e tutti uniti, slanciandosi come il fulmine sull'esercito degli infedeli, lo sconfissero completamente", secondo quanto riferiscono le fonti. Questo topos dell'intervento divino nel momento decisivo di una battaglia (topos che ricorda la celebre apparizione all'imperatore Costantino alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio) è presente in altre zone della Sicilia.

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In particolare sono molti i paesi siciliani che vantano tradizioni legate alle vicende storiche normanne: "dove ci fu un fatto d'arme, dove sorse una chiesa o per i opera dei normanni, o nel periodo in cui essi dominarono, là c'è sicuramente una tradizione che si riattacca al fatto d'arme all'origine della chiesa" (C. Di Mino, I Normanni nel folklore siciliano, 1931).

La particolarità della leggenda sciclitana sta però nell'atteggiamento "belligerante" della Madonna, sicuramente un unicum fra le tradizioni popolari. Senza entrare nella discussione sulla veridicità dell'avvenimento o sull'attendibilità delle fonti, entrambe, peraltro, recentemente contestate, interessa piuttosto approfondire il significato antropologico-culturale della particolare valenza "militare" della leggenda in relazione al contesto storico in cui essa nacque.

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La figura della Madonna a cavallo e con la spada in mano è il frutto della rielaborazione tra '400 e '500 di un mito preesistente (quello cioè dell'apparizione della Vergine) che viene cosi "attualizzato" e reso funzionale alla sensibilità religiosa del tempo. Della battaglia delle Milizie due sono le principali memorie scritte pervenuteci: una, la cd. Memoria di Luca di Lorenzo, databile tra la fine del '400 ed i primi del '500 (la quale riporta una memoria del 1399) ed una risalente alla metà del 1600 del notaio sciclitano Giuseppe Di Lorenzo (la quale riporta la prima memoria, del 1091, sulla Madonna delle Milizie).

I fondamentali scritti della leggenda si collocano quindi all'inizio dell'evo moderno, in una particolare temperie storica in cui "i timori di uno sbarco turco soprattutto lungo la costa ionica o africana, avevano emergenze improvvise di panico; ed era su questa emozione collettiva che i predicatori, invitati a destare lo spirito di crociata, operavano, amplificandone gli effetti.

Al centro del loro arsenale predicatorio stavano temi della mariologia, specie l'esaltazione della verginità di Maria opposta a simbolo ed argine contro la sensualità e la violenza sessuale dei Turchi" (G. Giarrizzo La Sicilia dal Cinquecento all'Unità d'Italia, 1992).

Questo clima di terrore per la furia assalitrice dei Turchi, per le loro uccisioni, i loro saccheggi, le loro deportazioni in massa, durava ancora nel '500, allorquando i nomi di Barbarossa, di Dragut, di Ganga Rossa ecc., risuonavano, in una atmosfera di terrore, fra le popolazioni delle città e delle campagne circostanti; rinascevano quindi "tradizioni ancestrali di resistenza all'arabo "perfido" (insieme un topos ed un modello culturale), le paure della conquista della violazione sprezzante di culti ed affetti"  (G. Giarrizzo, cit.). In questo clima il culto della Vergine (e  anche dei santi) costituiva "uno degli aspetti centrali e più significativi dell'esperienza religiosa collettiva.

I santi e la Vergine divenivano oggetto di forme di pietà istintiva, consolatrice, frutto dell'esigenza di trovare protezione contro la precarietà e la durezza della vita" (C. Russo, Mentalità e comportamenti religiosi nell'Europa cattolica, 1992). In questo periodo, inoltre, molte pratiche religiose mettevano in evidenza la permanenza di riti, comportamenti e credenze ereditate da una cultura precristiana; in particolare "nel fenomeno delle apparizioni emergeva spesso la commistione fra dato folklorico e soprannaturale cristiano" (O. Niccoli, Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa tra '400 e '500, 1991).

Questa tensione religiosa doveva essere molto forte nella nostra zona. La Contea di Modica costituiva, infatti, una specie di "civiltà di frontiera", di "Società baluardo" particolarmente esposta al pericolo turco. Tutto ciò, chiaramente, pesava sul sentire collettivo e spingeva alla creazione di culti neomariani: anche l'aspetto religioso pertanto, diveniva espressione della rappresentazioni mentali collettive (la tesi, molto suggestiva, è del prof. Giuseppe Barone).

In un tale contesto, quindi, secondo Paolo Militello, si inserisce la rielaborazione della sacra leggenda della Madonna bellatrix, così inusuale nella comune iconografia mariana. Si spiega in tal modo la presenza dell'elemento "guerriero" in una figura (qual è quella della Madonna) solitamente portatrice di valori "positivi" quali l'amore, la fede, la carità.

 

La diffusione, nel Quattro-Cinquecento, di queste particolari pratiche religiose a Scicli viene inoltre confermata da un altro esempio iconografico, in parte simile alla Madonna delle Milizie, costituito dalla statua di S. Agrippina (datata 1497 e conservata nella chiesa di San Giuseppe) dove è riconoscibile la figura di un Turco inesorabilmente schiacciato dai piedi della Santa.

                                                                 

 

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Nella foto, un'immagine della Madonna delle Milizie di Scicli, ritratta in una cartolina d'epoca


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