Cultura Bologna

Bologna, il Gruppo di Scicli a confronto con Vermeer

Inaugurata la mostra

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Bologna - La colpa? 

E' di Piero Guccione. 

La luce di Vermeer arriva su fino al piano nobile di Palazzo Fava. È qui che l’eco delle tonalità della sfinge di Delft si riverberano in una seconda mostra, «Attorno a Vermeer — I volti, la luce, le cose», in cui 26 artisti italiani fanno loro e poi reinterpretano la Golden Age olandese. «Ho sempre lavorato sulla pittura italiana del ’900 — rivela il curatore Marco Goldin — mi ricordavo di uno stupendo pastello di Piero Guccione, questo grande pittore figurativo del ’900 siciliano, un artista invitato diverse volte alla Biennale di Venezia, e l’ho recuperato. A quel punto è maturata l’idea di chiamare altri 25 pittori perché fossero anche loro Bologna a confrontarsi con il pittore olandese».

A ognuno di essi è stato chiesto di realizzare 2 lavori, tre generazioni di interpreti astratti e figurativi a confronto per un totale di 51 opere che richiamano i volti e gli elementi evocati da Vermeer, ma anche la sua unica luminosità. Un confronto con l’eterea e spirituale polvere di luce dell’autore della «Ragazza con orecchino di perla».

Nutrita la fila degli artisti veneti presenti a Palazzo Fava. La bellunese Graziella Da Gioz, avviata alla carriera artistica dopo un fortunato incontro con il poeta Andrea Zanzotto e le cui vedute collinari hanno i colori del pastello. Il vicentino Silvio Lacasella con i suoi matrimoni plurimi di colore, tra l’altro già espositore a Bologna, nel ’91 alla Galleria Forni. Il padovano Matteo Massangrande, le cui stanze solitarie hanno stupito anche i visitatori della Albemarle Gallery di Londra per l’accurato studio dei maestri antichi come Vermeer. Francesco Stefanini, nato a Pietrasanta, ma trevigiano d’elezione, che con matite colorate e acrilici dà una nuova carnosità ai colori.

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Ci si sposta poi ad altre latitudini con Piero Guccione e Franco Sarnari, esponenti del gruppo di Scicli, capace di affascinare Susan Sontag e Renato Guttuso. Due amici, due facce della stessa medaglia, contrari eppur simili. Guccione fa sua la natura e la luce che la domina, la sua pittura è evanescente, si palpa appena e delimita. È sua la «Piccola veduta di Delft», che rifà il capolavoro vermeeriano del 1660. Sarnari invece è un artista di concetto, introspettivo, la sua tecnica è densa e vibrante, a differenza del collega spazia su infiniti orizzonti. Accanto a loro, nel gruppo siciliano, a Bologna anche Giuseppe Puglisi, Franco Polizzi, Giuseppe Colombo e Piero Zuccaro.

 

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In apertura, Giuseppe Puglisi, Dialogo vermeeriano (L'astronomo), 2013 olio su tela cm 80 x 70.

 

A seguire, Piero Zuccaro, Interno da Vermeer (L'atelier), 2013 pastello a olio su tela cm 40 x 35.

 


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