Cronaca Cosa Nostra

In manette il reggente del clan Santapaola. E altre 27 persone

Operazioni anche nel ragusano

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28 persone arrestate accusate di far parte di cosa nostra. Le operazioni sono state condotte anche nel ragusano. La Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania ha emesso un Decreto di fermo di indiziato di delitto a carico di 28 persone, residenti nelle province di Catania, Siracusa, Ragusa e Enna, tutte gravemente indiziate di appartenere a diverse  articolazioni di cosa nostra. Per la famiglia Santapaola-Ercolano, decreto di fermo per: Francesco Santapaola, 37 anni da Catania, considerato il reggente; Francesco Amantea, 46 anni da Paternò;   Giuseppe Mirenna, 64 anni da Paternò;   Alfonso Fiammetta, 44 anni da Palagonia;  Silvio Giorgio Corra, 32 anni da Catania;   Pierpaolo Di Gaetano, 37 anni da Catania;  Francesco Pinto, 41 anni da Catania;  Giovanni Pinto, 40 anni da Catania;   Vito Romeo, 40 anni da Tremestieri Etneo. Per la famiglia di Caltagirone, fermo per     Salvatore Seminara, 70 anni da Mirabella Imbaccari, considerato il reggente.     Febronio Oliva, 55 anni da Palagonia;    Cosimo Davide Ferlito, 45 anni da Palagonia;  Carmelo Oliva, 43 anni da Palagonia; Benito Brundo, 35 anni da Palagonia; Salvatore Di Benedetto,  50 anni da Palagonia;   Angelo Giglio Spampinato, 48 anni  da Caltagirone;   Liborio Palacino, 53 anni da Raddusa; Giovanni Pappalardo, 42 anni da Palagonia;   Gaetano Antonio Parlacino, 49 anni da Raddusa; Salvatore Russo, 42 anni da Niscemi, residente ad Acate;   Giuseppe Simonte, 36 anni da Raddusa;  Rino Simonte, 29 anni da Raddusa;    Giuseppe Tangorra, 47 anni Caltagirone. Per il clan Nardo di Lentini, sono stati sottoposti a fermo:    Rosario Bontempo Scavo, 28 anni da Francofonte;   Rosario Di Pietro, 39 anni da Scordia;    Pippo Floridia, 60 anni da Lentini;    Antonino Galioto, 52 anni da Ferla; Paolo Giovanni Galioto, 64 anni da Ferla. Il provvedimento è stato emesso a conclusione di un’articolata attività investigativa, condotta dai Carabinieri del ROS di Catania, in direzione della famiglia calatina.  L’indagine, denominata Kronos,  è stata avviata nel 2015 ed è incentrata sulla figura di Salvatore Seminara, già emerso in altre indagini. Nella sua qualità di reggente dell’assetto mafioso, Seminara è stato sottoposto a intercettazione. E’ stata ricostruita  la struttura della famiglia ed individuati ambiti di competenza, affiliati e schemi relazionali sia con la famiglia Santapaola che col clan Nardo di Lentini. Proprio dall’esame delle relazioni tra le due famiglie, risulta possibile sostenere che l’attuale reggente dei Santapaola è Francesco Santapaola (figlio di Salvatore, detto Turi colluccio, quest’ultimo cugino del più noto Benedetto, capo della famiglia catanese dal 1978). La piattaforma investigativa ha inoltre consentito di documentare significativi momenti relazionali tra i tre assetti, dettati dall’esigenza di individuare comuni linee di azione strategiche.  In particolare, nel corso di un summit, tenutosi a Catania il 28 agosto dello scorso anno, è emersa la volontà di procedere alla nuova individuazione del rappresentante provinciale (l’ultimo noto è stato Vincenzo Aiello).  Nei vertici successivi, tenutisi a  Carlentini (18 dicembre dello scorso anno) e Paternò (23 dicembre successivo), è stato accertato che la famiglia Santapaola, in piena unitarietà di intenti con gli esponenti del clan Nardo, pretendeva di partecipare alla spartizione di introiti estorsivi appannaggio di quella calatina. Tali pretese hanno trovato terreno fertile nella recente scarcerazione di Alfonso Fiammetta (avvenuta il 24 novembre del 2015) che, come documentato nell’indagine IBLIS, insieme a Pasquale Oliva, costituiva il vertice del gruppo operante a Palagonia e Ramacca: i due avevano avuto in Vincenzo Aiello il loro punto di riferimento operativo, prima del suo arresto. Fiammetta, immediatamente rientrato nel circuito criminale, aveva però trovato il proprio territorio presidiato da Di Benedetto e Pappalardo che, invece, avevano in Seminara il loro punto di riferimento. Seminara, infatti, approfittando dell’assenza di Oliva e Fiammetta, aveva gradualmente assoggettato al proprio controllo i territori di Palagonia e Ramacca. Di Benedetto e Pappalardo, inoltre, negli incontri di Carlentini e Paternò, in occasione dei quali state esplicitate le pretese dei Santapaola, si erano fieramente opposti, entrando in attrito con Floridia. Di qui la necessità di organizzare un ulteriore summit, stavolta alla presenza di Santapaola  e Seminara, avvenuto il 29 febbraio scorso a  Siracusa, nel corso del quale quest’ultimo sottraeva a Di Benedetto e Pappalardo la competenza ad operare nel settore delle messe a posto. In più, Santapaola, Seminara e Floridia,  indicavano rispettivamente in Mirenna, Davide Ferlito e Di Pietro gli unici soggetti legittimati ad operare nel settore delle messe a posto e, poiché investiti di poteri di rappresentanza dei rispettivi vertici, abilitati ad interfacciarsi reciprocamente. Il 5 marzo, Di Benedetto  ha discusso con Fiammetta della minor affidabilità complessiva di Pappalardo. Il successivo 9 marzo è stato Seminara a far visita a Fiammetta, che ribadiva quanto già riferito a Di Benedetto. L’11 marzo, presso Fiammetta convenivano, tra gli altri, Amantea, Di Benedetto e Floridia e Mirenna. Il 22 marzo, infine, sempre presso Fiammetta, Santapaola, Fiammetta, Floridia e Febronio Oliva decidevano che gli unici abilitati ad operare su Palagonia e Ramacca erano Fiammetta e Oliva.  La conseguente estromissione di Di Benedetto  e Pappalardo ha provocato  un nuovo appuntamento, il 4 aprile scorso. Durante il tragitto, come documentato attraverso le attività tecniche di intercettazione, i due sono usciti illesi da un  agguato.  Le designate vittime, perciò, individuavano agevolmente in Fiammetta e Floridia i mandanti, appoggiati da Santapaola:  in tale contesto palesavano fermi propositi di vendetta, oltre che nei confronti dei supposti mandanti, anche all’indirizzo del figlio di Fiammetta. A tal fine, Di Bendetto e Pappalardo, sapendo che l’8 aprile la Corte di Cassazione si sarebbe pronunciata sulla posizione di Alfonso Fiammetta (processo IBLIS) e che in caso di condanna l’interessato si sarebbe presentato presso la Casa Circondariale di Caltanissetta, hanno pensato di  compiere l’omicidio lungo il tragitto. L’aggiornamento della pronuncia al giugno prossimo ha reso impossibile la realizzazione del proposito, che comunque permane.  Il 15 aprile veniva organizzato un nuovo incontro, sempre a Siracusa, al quale prendevano parte Amantea, i due fratelli Galioto e Floridia  (da un lato) e Seminara (dall’altro). Le conversazioni sono di tenore assolutamente esplicito. Seminara lamentava il fatto che all’incontro del 29 febbraio Santapaola si era presentato con un numero eccessivo di accompagnatori, peraltro tutti armati. Respingeva gli addebiti di aver trattenuto per sé i proventi di attività estorsive che, pretesi da Santapaola, spettavano invece a cosa nostra palermitana. Chiedeva lumi in ordine all’agguato patito da Di Benedetto e invitava i presenti a valutare le conseguenze dell’azione, foriera solo di problemi giudiziari. Gli interlocutori, in ordine ai primi due argomenti, porgevano le loro scuse ed Amantea, in particolare, si faceva carico di riferire a Santapaola delle doglianze espresse da Seminara.  Da ultimo, poi, dichiaravano l’estraneità dei relativi assetti all’attentato. Nel corso dell’attività, inoltre, sono emersi plurimi riferimenti ad attività estorsive da perpetrare in relazione ad opere pubbliche in corso di realizzazione. All’indomani del summit, Seminara ha ricevuto la visita di Di Benedetto e Pappalardo che si dichiaravano convinti del coinvolgimento di Floridia  nell’agguato da loro patito. I proposti ritorsivi palesati da Di Benedetto  e Pappalardo, in possesso di un  rilevante numero di armi, uniti al fatto che alcuni indagati, proprio in corrispondenza dell’attentato da quelli subito, ha imposto l’adozione di provvedimenti urgenti, per  scongiurare ulteriori delitti e il pericolo di fuga. Inoltre, a Seminara, Di Benedetto e Rino Simonte è contestato il duplice omicidio di Salvatore Cutrona  e Giovanni Turrisi, avvenuto a Raddusa il 5 aprile del 2015. Il delitto, allo stato, è riconducibile a vicende interne alla famiglia calatina e, segnatamente alla minor affidabilità di Cutrona al quale è succeduto, nel ruolo di responsabile di Raddusa proprio Rino Simonte, accusato di essere l’esecutore materiale del delitto, mentre Seminara e Di Benedetto sarebbero i mandanti. L’operazione ha visto impegnati i Carabinieri delle province di Catania, Ragusa, Enna e Siracusa.

 


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