Attualità Lotta al Covid

Perché i vaccini non proteggono dal contagio e il nuovo vaccino militare

Se evitassero la trasmissione dell’infezione sarebbe fatta, in Usa allo studio l’antidoto pan-coronavirus

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 Roma - Se i vaccini anti Covid proteggessero anche dal contagio oltre che dagli effetti gravi dell’infezione, come dovrebbe essere per un “vaccino”, sarebbe fatta. È vero che i vaccinati hanno molte meno probabilità contagiarsi e contagiare dei non vaccinati ma, forse anche perché gli attuali sieri sono suscettibili di ulteriori miglioramenti, non abbastanza da chiudere la pratica Coronavirus. La variante Omicron, in particolare, è più contagiosa perché ha accumulato un numero di tale di mutazioni da renderla in grado di evadere il nostro sistema immunitario. Il nostro corpo costruisce la risposta immunitaria sulla base di un 'identikit' fornitogli dal vaccino o dal virus naturale. In caso di numerose mutazioni il sistema immunitario risulta meno efficiente nel riconoscere il virus (o una sua parte come la Spike).

Il problema è che i vaccinati presentano anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue ma non nella saliva: questo potrebbe spiegare perché la vaccinazione a mRNA è efficace e protettiva contro la malattia, ma meno performante nel blocco dell’infezione e quindi della circolazione del virus. Queste le conclusioni portate alla luce da uno studio condotto dall’Università dell’Insubria e dall’Asst dei Sette Laghi sulla risposta immunitaria mucosale evocata dai sieri Pfizer e pubblicata di recente su EBioMedicine, rivista dell’importante gruppo editoriale The Lancet. La ricerca "Mucosal immune response in BNT162b2 COVID-19 vaccine recipients" si basa su un’indagine che ha coinvolto 60 operatori sanitari dell’ospedale varesino e dimostra che, dopo il completamento del primo ciclo di due dosi, tutti i soggetti immunizzati presentano anticorpi nel sangue; nella saliva, invece, li sviluppano solo gli individui esposti all’infezione naturale, cioè che si sono contagiati, e le cui mucose orali sono state a contatto con gli antigeni virali.

"Oggi il riacutizzarsi della pandemia – spiegano Lorenzo Azzi e Greta Forlani, coordinatori dello studio – fa emergere sempre con maggiore urgenza la necessità di indurre un’immunità sterilizzante per bloccare la diffusione del virus. A nostro parere per raggiungere questo obiettivo occorre rafforzare le difese immunitarie a livello delle vie aeree, sviluppando ad esempio preparazioni vaccinali somministrate nel cavo orale o nelle vie nasali, che rappresentano la prima barriera all’ingresso del virus nell’organismo. Sulla base delle evidenze sperimentali ottenute da questo primo studio, stiamo valutando l’andamento della risposta immunitaria umorale nel siero e nelle mucose negli stessi soggetti a circa sei mesi dal termine del ciclo vaccinale e dopo il terzo boost antigenico".

La ricerca, quindi, va avanti ma lascia pensare che contro il Covid - che muta più rapidamente della capacità di aggiornamento dei vaccini intramuscolari - possa essere molto più efficace un vaccino spray – che è già allo studio e di cui si è più volte parlato in questi mesi – che sbarri la strada alla diffusione e replicazione del virus direttamente sulla sua principale porta di accesso al nostro organismo. A questo stanno pensando i ricercatori militari americani del Walter Reed Army National Centre, in Maryland (foto), che hanno ideato un vaccino che presenta diverse versioni della Spike. I vaccini attualmente approvati presentano una sola versione della Spike con il rischio che questa muti e non venga più riconosciuta.

Il vaccino militare pan-coronavirus si presenta invece come una minuscola sfera sulla quale sono applicate diverse versioni della proteina Spike, per la precisione 24 diverse. Il nostro sistema immunitario stimolato da questo tipo di vaccino sviluppa diversi tipi di anticorpi neutralizzanti che corrispondono alle diverse varianti e pure a quelle future, infatti il vaccino è stato progettato in maniera tale da 'prevedere' alcuni tipi di mutazioni che potrebbero interessare la Spike in futuro. Attualmente il vaccino militare pan-coronavirus allo studio ha ottenuto ottimi risultati in vitro e nei test sugli animali in preclinica. È in corso la raccolta dei dati di fase I, anch'essi molto promettenti, e a settimane si dovrebbe iniziare con i trial di fase 2/3.

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Il vaccino pan-coronavirus non induce solo uno spettro ampissimo di anticorpi neutralizzanti ma anche una robusta risposta cellulo-mediata con linfociti B e T. Per eradicare un virus non basta renderlo innocuo con i vaccini ma dobbiamo anche impedirne la circolazione e per farlo dobbiamo indurre un'immunità sterilizzante, ossia quell'immunità che impedisce ad un soggetto di contagiarsi e di trasmettere il virus. Gli attuali vaccini purtroppo non sono molto efficacia nel creare questo tipo di immunità, ma i vaccini spray invece pare inducano una sorta di immunità sterilizzante. Possiamo quindi immaginare nel futuro una vaccinazione eterologa costituita dal vaccino spray che induce immunità locale nelle vie aree superiori ed una vaccinazione sistemica con un vaccino pan-coronavirus che protegge dalle varianti presenti e future. 


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