Scicli – Due nomi, Pininfarina e Guglielmo Cartia.
Il primo dice di auto che hanno fatto la storia del design automobilistico, attraverso le epoche e i decenni. Il secondo è un nome e un cognome che per ragioni storiche porta in maniera indubitabile a Scicli, dove Guglielmo è santo ed è patrono, e i Cartia sono famiglia nativa e in diaspora per la Sicilia.
Architetto, designer automobilistico, uomo Pininfarina dal 1985, Guglielmo Cartia, 58 anni, è sciclitano, figlio di un artigiano dei biscotti che a Scicli molti ricordiamo con affetto.
La sua è una storia di passione per l’auto nata sin dall’adolescenza, quando al liceo Guglielmo inizia a osservare le proporzioni, le superfici, i dettagli. A 18 anni Cartia decide di trasferirsi nella Motor Valley e di iscriversi all’Issam -l’Istituto Superiore di Scienza dell'Automobile- di Modena e qui per due anni perfeziona il senso dell’osservazione, la renderizzazione delle idee, con un corso di aerodinamica tenuto da un ex progettista di Formula Uno.
Da Modena a Torino, capitale italiana dell’auto, il passo è breve. Cartia lavora in una piccola azienda, la Rayton Fissore, di cui è direttore un mostro sacro del design, l’americano Tom Tjaarda, papà della Fiat 124 Spider, una esperienza che gli infonderà l’apprendimento di alcuni segreti del disegno automobilistico.
Maturano i tempi per Guglielmo per presentare un portfolio, e nella scaletta dell’atelier più prestigioso in cima c’è Pininfarina. Cartia decide di puntare al vertice mandando il proprio curriculum e i propri schizzi. A Cambiano, nel torinese, rispondono con una proposta: stage di tre mesi.
E saranno tre mesi di clausura, senza contaminazioni esterne, dove Pininfarina metterà alla prova il giovane designer per vedere cosa disegna di suo.
Prova superata, Cartia entra in Pininfarina negli anni d’oro in cui Sergio Pininfarina era presidente, e Torino era capitale italiana dello stile, mentre tra colleghi si instaurò una sana competizione sui progetti, nella sede di Cambiano appunto, in un ambiente tutto vetrate a giorno, dove la trasparenza del processo creativo era nel luogo stesso della creazione.
La prassi prevede che ciascun designer faccia una propria proposta partecipando a un “concorso”, dove c’è un vincitore selezionato dal cliente, che è chiaramente quasi sempre una casa automobilistica.
E’ il 1987 e Cartia vince il concorso per il disegno interno della Fiat Coupè, quella col bocchettone esterno, per intenderci, un’auto di successo che venderà molti più esemplari di quelli previsti. L’auto sarà prodotta da Pininfarina, per il disegno esterno di un giovane Chris Bangle, poi papà della contestata e infine amatissima Bmw Serie 5 e Serie 7.
La Fiat Coupè nasce su disegno esterno di Bangle e interno di Cartia, con una idea: portare il colore esterno dell’auto nell’interno, facendo diventare la plancia una sorta di fascia di prosecuzione del colore esterno, in un continuum del portastrumenti principale con la carrozzeria.
Non fu facile, per via dell’innesto del piantone della plancia, uno dei punti critici nella progettazione dell’interno di tutte le vetture, ma la soluzione prospettata dal designer fu apprezzata dal management Fiat, consentendo a Cartia di seguire il progetto nel suo sviluppo.
Parola chiave, sviluppo. Già, perché dal disegno di massima alla declinazione dei dettagli nelle ragioni produttive, il designer ha l’arduo compito di tenere i caratteri del disegno, per far sì che il prodotto finale non snaturi il tema originale, facendogli perdere forza e freschezza dell’idea.
Nel 1991 Cartia si concede quattro anni nel centro stile di Leonardo Fioravanti, un importante designer che aveva deciso di lavorare da indipendente, ma Pininfarina lo richiama nel 95. Erano gli anni in cui si disegnavano molte carrozzerie inedite per fuoriserie prodotte a volte in un unico esemplare, come negli Anni Trenta.
“Fu un periodo interessante -racconta Cartia- perché potevamo progettare senza problemi di budget. Furono gli anni in cui Andrea Pininfarina, ahimè scomparso troppo presto, si era avvicinato molto all’area design, e per noi era estremamente stimolante confrontarci con lui”.
Da design manager nel 1995, Cartia diventa vicedirettore del design nel 2008. Quattro anni prima erano iniziati i viaggi in Cina per le collaborazioni di Pininfarina con le case automobilistiche cinesi. Anni intensi di briefing con interlocutori protagonisti di un grande boom economico cui Pininfarina ha mostrato la propria lezione, che non è banale e gratuito stile, ma innovazione e funzionalità.
Cartia depone la matita e segue più l’attività manageriale, il progetto di nuove auto da costruire in Cina, in cui vi sia design innovativo e funzionale, fino alla matematizzazione dei modelli, e al collegamento con la dimensione ingegneristica dell’auto.
“Pininfarina non è solo stile -spiega Guglielmo-, ma è proporzione, innovazione, funzionalità, layout. Faccio un esempio: dove posizionare le ruote di un’auto? come creare coerenza interna a un progetto fino a definire i dettagli, in un gioco di approssimazioni successive, che deve essere terminato, a volte, in un solo anno?”
Tutti temi affrontati negli anni precedenti, anni Ferrari, Maserati, con Luca Cordero di Montezemolo, Piero Lardi Ferrari, anni in cui la sfida era perfezionare linee di prodotto diverse per Ferrari e Maserati creando identità sportive separate e riconoscibili.
Dove va l’auto?
“Va verso la connessione col mondo. Vedi, da quando è nata, l’auto ha fatto piccoli passi in una evoluzione costante. Oggi assistiamo a una accelerazione tecnologica bruciante, anche grazie all’auto elettrica, mentre l’interfaccia uomo/auto è diventata fondamentale e con essa l’experience design. L’automobilista deve avere dal rapporto con la propria auto un senso di soddisfazione e identificazione come in un dialogo costante. E’ la nostra nuova sfida”.